Will si sta recando insieme alla fidanzata Kira ad un party tenuto dall'ex-moglie Eden ed organizzato per festeggiare il suo ritorno a Los Angeles dopo due anni di lontananza trascorsi insieme al nuovo compagno David. Will ed Eden sono legati da un tragico fatto avvenuto nel loro recente passato e cioè la morte accidentale del figlio, evento che ha causato anche il divorzio della coppia scatenando però nei genitori reazioni opposte: mentre l'uomo non si è mai del tutto ripreso dal lutto, la donna ha trovato la volontà di andare avanti dopo aver trascorso un lungo periodo tra i membri di una misteriosa setta con base in Messico. La festa comincia nel migliore dei modi, con Will che ritrova i vecchi amici di un tempo, ma la presenza di due sconosciuti amici di David e gli strani comportamenti dei padroni di casa destano in lui dei sospetti... Kammerspiel moderno, thriller da camera di inusuale potenza drammatica, l'ultimo film della Karyn Kusama di Jennifer's Body (2009) è stata una delle vere e pià gradite sorprese della scorsa stagione indipendente americana. Un'opera che non fa sconti, ambientata per praticamente la sua totalità all'interno della villetta dove avrà luogo la reunion tra old friends, in apparenza una piacevole occasione per rimembrare i bei tempi andati ma nella realtà dolente e diabolica macchina di segreti e bugie. L'inizio, nel quale Will durante il tragitto investe con la macchina un coyote che gli attraversava la strada, costringendolo a sopprimerlo per evitargli una dolorosa morte, assume nei minuti finali un significato emblematico sul senso dell'umana pietà , rivelando già dall'incipit il significato più profondo di un titolo scomodo ed originale, ricco di influenze amalgamate con un perfetto equilibrio tra i generi. La tensione sotterranea, amplificata dai numerosi flashback di Will atti a mostrarci il suo ormai lontano idillio d'amore con Eden ed in seguito l'immane tragedia, è però presente già nella prima parte, trovando poi in un implacabile gioco di sospetti e colpi di scena il modo per ribaltare più volte le aspettative narrative, deflagrando in un finale dove la violenza, più morale che fisica, raggiunge apici di grande magnetismo empatico. La regista newyorkese indaga con lucidità nell'universo dei sentimenti e delle emozioni (amplificate dalla "sincerità " del magnifico cast), lasciando esplodere il dolore e la depressione in un condensato di paranoie cinematograficamente attraenti e sensate; trasforma una tranquilla cena tra amici in una macchiavellica partita a forte tinte mystery, sfruttando al meglio la geometricità delle inquadrature per suscitare suspense anche nei momenti più innocui. Karyn Kusama si dimostra abile ne condurre questo percorso di forzata liberazione dalle pene terrene verso un epilogo dal taglio apocalittico che, come il resto della visione, non lascia indifferenti. Perché l'orrore in The Invitation si nasconde nella mente e nei cuori spezzati in una placida quiete che precede la burrascosa tempesta.