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Quando hai 17 anni

09/09/2016 10:00

Riccardo Tanco

Recensione Film,

Quando hai 17 anni

Damien (Kacey Mottet Klein) e Tom (Corentin Fila) sono due adolescenti che frequentano la stessa scuola...

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Damien (Kacey Mottet Klein) e Tom (Corentin Fila) sono due adolescenti che frequentano la stessa scuola. I due si sopportano poco, ma quando la madre adottiva di Tom rimane incinta ed è costretta a trasferirsi in ospedale, Marienne (Sandrine Kiberlain), la madre di Damien, si offre di ospitare Tom a casa propria per aiutarlo con gli studi.


Presentato in anteprima mondiale al 66° Festival del Cinema di Berlino, Quando hai 17 anni è il nuovo film del celebre regista francese André Tèchiné, a distanza di due anni dal precedente (e inedito in Italia) L'Homme qu'on aimait trop, presentato a Cannes nel 2014. Ventiduesimo film da regista nella carriera prolifica di Téchiné, Quando hai 17 anni si muove tra i territori del racconto di formazione, narrando l'incontro/scontro e possibile amicizia tra i due giovani protagonisti del film.


La cosa che pare più interessare a Téchiné è il continuo proporre un costante dualismo tra gli elementi in scena. Se la base e la struttura non si spostano molto dal dramma e, appunto, dallo sviscerare un coming of age, Téchiné passa dall'odio iniziale a un progressivo tentativo di riconciliazione e di conoscenze reciproca tra i due giovani protagonisti. Sembra di assistere a un'opera che racconta un continuo avvicinamento/allontanamento delle parti in gioco, dove i sentimenti contrastanti dell'adolescenza vengono fuori con indubbia efficacia in un'altalena di furia e dolcezza, antipatie e condivisioni, fino ad arrivare a un più complesso rapporto di attrazione e negazione tra i personaggi di Damien e Tom.


Il dramma malinconico di Quando hai 17 anni è soprattutto questo, una narrazione instabile di un rapporto che vive per scintille emotive totalmente imprevedibili; ed è in questa forza vitale che si sente forse l'apporto in sceneggiatura di Céline Sciamma. Ma il problema forse sta nel fatto che non sempre il film resta lucido su se stesso: si perde in una sceneggiatura non troppo felice e allungata, che non riesce a sorprendere come vorrebbe. L'impressione è che Téchiné si adagi su un modello di storia già visto, nonostante la volontà di provare a scardinarlo inserendo un discorso sullo scorrere della vita e le sue contraddizioni, tra spensieratezza e dolore e la capacità di poterlo assimilare. Ma nelle immagini, e forse nello sguardo un po' seduto di Téchiné, sembra venire meno ciò che il film vorrebbe urlare ma che per limiti non riesce a esprimere in pieno, sospeso tra una delicatezza e un furore di scrittura che rischiano di mettere il film in una posa fin troppo asettica. E allora può anche andare la riflessione sull'importanza dell'imparare ad amare e capire i sentimenti, meno quando tutto questo è accompagnato da modalità più fredde e meno interessanti di quanto si prospetta.


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