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Blair Witch

15/09/2016 10:00

Riccardo Tanco

Recensione Film,

Blair Witch

Un falso documentario girato con la tecnica del found footage, unita a con una traccia da thriller/horror

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Nel 1994 una ragazza di nome Heather (Heather Donahue) scompare misteriosamente, insieme a due amici, all'interno della foresta di Black Hills nel Maryland, mentre stavano girando un documentario sulla presunta leggenda della strega di Blair. Vent'anni dopo, un gruppo di studenti tra cui il fratello minore di Heather, James (James Allen McCune), decidono di tornare nella foresta per capire cosa sia successo alla ragazza e quanto sia veritiera la leggenda.


Diciassette anni dopo il fenomeno cinematografico The Blair Witch Project, che nel 1999 riuscì a raggiungere un ottimo successo commerciale a fronte di un budget ridotto e a ottenere una fama di film rivoluzionario (anche oltre i propri meriti), il regista Adam Wingard - a due anni dall'ultimo The Guest (inedito in Italia, passato al Torino Film Festival nel 2014) - realizza una sorta di seguito del primo film, del tutto scollegato dal secondo episodio Il libro delle streghe – Blair Witch 2.


Come fu per The Blair Witch Project, questo Blair Witch si palesa come un falso documentario girato con la tecnica del found footage unita a con una traccia da thriller/horror. L'aspetto più interessante di questo nuovo film sembra essere l'aggiornamento dei mezzi di comunicazione e ripresa con cui i protagonisti agiscono, in una sorta di versione "dell'era digitale" del film del 1999. Ma la riflessione, di per sé anche un po' ovvia, si ferma alle basi: Blair Witch è, a scanso di equivoci, una copia ripresa e sbiadita del film originale. Ma se il concetto di verità e finzione dell'immagine appare ormai stantio anche per imbastirci sopra qualche discorso teorico, poco funziona anche la poca lucidità con cui si affronta il credere o meno al mistero della leggenda o il palesarsi del male e la sua rappresentazione. Tutte cose già viste e sviscerate, che Wingard mette insieme in un'operazione ai limiti dell'inutilità e fuori tempo massimo col cinema contemporaneo. E in mancanza di una luce nuova con cui guardare alla vicenda narrata, non resta richiudersi in un riflesso voluto ma futile di citazioni e rimandi.


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