
Ricevuto il premio per la Miglior Regia a Cannes, Un padre, una figlia del regista romeno Cristian Mungiu, già premiato nel 2007 con la Palma D’Oro per 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni, è al tempo stesso denuncia e presa di coscienza di quell’idealismo che, malconcio e usurato dal tempo, dilaga nel cinismo e nella rassegnazione. Il film sottolinea come talvolta sia necessario sacrificare la propria integrità in nome dell’amore, rischiando di compromettere quella scala di valori sociali che, per definizione saldi e intaccabili, sono in realtà sottoposti a una sorta di selezione naturale; e, come sappiamo, sopravvive soltanto chi sa adattarsi ai cambiamenti. Ma quanto è sottile la linea che divide la corruzione a fin di bene dal reato? È il quesito che tormenta Romeo, appunto un padre, vero protagonista del dramma. Medico di una cittadina della Transilvania, intento a combattere una sua quotidiana guerra contro i rimpianti del suo passato e i sogni di una gioventù sfumati in anni di governo postcomunista, Romeo proietta ora tutta la sua disarmata speranza su sua figlia Eliza. La ragazza, eccellente a scuola in tutte le materie, ha vinto una borsa di studio per Cambridge ed è l’unica possibilità per lei di spiccare il volo e lasciarsi alle spalle quella nazione che, priva di prospettive, ha già tarpato le ali a tutta la sua famiglia. A pochi giorni dall’esame di maturità , la cui votazione finale avrebbe decretato l’effettiva assegnazione della borsa di studio alla ragazza, Eliza viene aggredita da uno sconosciuto fuori dalla scuola. La violenza subita la pone in una condizione di shock rendendola fragile, vulnerabile e apparentemente non in grado di sostenere gli esami. Da qui partiranno una serie di corruzioni a catena, favori dati e ricevuti da Romeo affinché la ragazza riceva il massimo dei voti. Il tormento di Romeo, sentimento abilmente descritto da una regia volontariamente nevrotica e pressante, porta l’uomo a trascurare ingenuamente le persone che lo circondano: sua madre, donna anziana e malata; sua moglie, Magda, depressa e tradita da Romeo con un’altra donna, madre di un bambino non suo a cui l’uomo non riesce però a stare realmente accanto. L’intero film è pervaso da una suspense continua, accentuata dall’opera lirica dal ritmo incalzante in sottofondo che conduce il personaggio, e con lui il pubblico, a un’esasperazione senza risoluzione, a un continuo sentirsi spiati o preda di una prossima aggressione. Moltissime le riprese dall’interno di una macchina in cui vediamo la scena tramite il vetro, con la camera alle spalle dei personaggi; spalle dei personaggi che sono ricorrenti in tutto il film, che si immettono in inquadrature molto ampie le quali restano vuote per qualche istante permettendoci di osservare un ambiente, spesso simmetrico e costruito in maniera maniacale. Sempre allo scopo di pressare personaggi che pubblico, durante i dialoghi, spesso molto lunghi, vediamo solo uno degli interlocutori, per lo più appunto il padre come a non volerlo lasciar respirare, sentendo le altre voci soltanto fuoricampo. Sebbene il presupposto da cui parte il film, ovvero l’ammissione a Cambridge possibile solo dopo la maturità , risulti un po’ inverosimile poiché normalmente l’application in sé già prevede il massimo dei voti e una volta accettata è accettata, permette al regista di raccontare la storia di un genitore che vede crescere una figlia in un paese che invece rimane immobile. Se da una parte vuole che lei spicchi il volo, dall’altra ha paura che lei cresca e che lo lasci solo con i suoi fallimenti, seduto in un parco a guardare gli altri bambini giocare. Sarà Eliza stessa a inceppare l’ingranaggio messo in moto dal padre, emergendo per onestà . Non sappiamo effettivamente se la ragazza partirà o meno, ma sappiamo che nel suo piccolo ha provato a cambiare le cose da lì, dal suo paese, senza il bisogno di mentire, decidendo consapevolmente di non stare al gioco.