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Mine

03/10/2016 10:00

Riccardo Tanco

Recensione Film,

Mine

Un dramma bellico che si mischia al survivor movie

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Durante una missione in Afghanistan il soldato Mike Stevens (Armie Hammer) mette accidentalmente il piede su una mina. Bloccato nel deserto e in attesa dei soccorsi, Mike inizierà una difficile battaglia per la sopravvivenza.


Dopo aver realizzato una serie di cortometraggi premiati in vari Festival internazionali, la coppia di registi italiani Fabio Guaglione e Fabio Resinaro esordisce al cinema con Mine, coprodotto tra Usa, Italia e Spagna. Il film arriva dopo Passo Falso, uscito a giugno nelle sale: curiosamente un'altra opera che raccontava dell'epopea di un soldato imbrigliato in una situazione limite, come il rischio di saltare in aria per colpa di una mina inesplosa. La coppia Guaglione e Resinaro realizza un dramma bellico che si mischia al survivor movie. Se i riferimenti sono noti nel cinema con film come Buried - Sepolto o 127 ore, per un tipo di storie che sta quasi assumendo i tratti di un sottogenere Mine pare soffermarsi sul racconto di sopravvivenza che vede coinvolto il protagonista, interpretato da Armie Hammer e coinvolto in un quasi one-man-show.


Se alcune sequenza riescono a colpire, come la spettacolare tempesta di sabbia o l'attacco notturno dei lupi nel deserto, i meccanismi narrativi e di messa in scena su cui si muove Mine risultano leggermente prevedibili, nonostante un approccio registico che prova a staccarsi dalla rappresentazione statica del protagonista in gabbia ed allargare lo spazio di messa in scena e di narrazione. Più che trasmettere tensione, Mine prende i sentieri conosciuti del racconto sull'orrore e sull'etica della guerra, abbondando in scelte ridondanti in fase di sceneggiatura. Un esempio: le ambiziose visioni oniriche che coinvolgono il protagonista o il suo percorso di redenzione e rinascita attraverso la guerra.


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