Un nuovo personaggio si unisce all’ormai folta schiera di supereroi Marvel che hanno fatto il loro debutto al cinema. Il dottor Stephen Strange (Benedict Cumberbatch) è un neurochirurgo tanto brillante quanto arrogante ed egocentrico. A seguito di un grave incidente, le sue mani vengono irrimediabilmente danneggiate e la sua carriera compromessa. Per risolvere la sua situazione, Strange viene indirizzato verso Kamar-Taj, misterioso luogo in cui dovrebbe trovare L’Antico (Tilda Swinton), un maestro di arti mistiche in grado di aiutarlo. Guidato alla meta dal maesto Karl Mordo (Chiwetel Ejiofor), Strange è inizialmente in grande difficoltà a credere a quanto L’Antico gli mostra. Ma l’accettazione di quanto al di là della sua comprensione, unita a un’incredibile capacità di apprendimento e curiosità innate, lo porteranno ben presto a entrare in un mondo di magia, teletrasporto, corpi astrali ed entità multidimensionali, divenendo uno dei più potenti maestri al servizio della Terra.
Tralasciando per un attimo il fumetto da cui il personaggio creato da Steve Ditko trae origine, l’aspetto più interessante di Doctor Strange è dato dalla commistione di misticismo, magia ed effetti speciali che permea il film sin dall’antefatto. La resa degli effetti della magia sulla realtà rimandano immediatamente a quanto visto in Matrix e Inception, ma anche nella saga di Harry Potter: con deformazioni, trasformazioni, moltiplicazioni caleidoscopiche che in termini artistici richiamano le opere di Escher. In rapporto a questi aspetti, l’uso del 3D può avere rilevanza e dona profondità di campo e amplifica gli effetti di alcuni sortilegi in modo efficace. La storia scorre e intrattiene, ma ha il difetto di voler dire troppo e troppo in fretta: Strange parte da neofita per diventare in pratica un maestro supremo nel giro di un nonnulla. L’interessante mondo spirituale e dell’occulto in cui entra poteva essere approfondito maggiormente, anche alla luce dell’ottima resa estetica delle sue peculiarità; il neo-eroe si trova a combattere un antagonista che avrebbe potuto forse essere introdotto in un sequel (considerato che sicuramente rivedremo il personaggio, parte di quell’universo Marvel esplorato ormai in almeno una decina di film); Strange assume un ruolo di assoluto rilievo nell’organizzazione in cui è appena entrato in modo forse un po’ frettoloso.
Le scene d’azione, alla luce dei poteri dei combattenti, avrebbero potuto risultare meno fisiche ma nel complesso ci si diverte nel seguire le coreografie dei combattimenti. I dialoghi spaziano fra il “serio” e il faceto con la classica inclinazione all’ironia delle ultime produzioni Disney-Marvel; alcune intuizioni sono molto simpatiche e Cumberbatch ben si presta a interpretare il personaggio, così come l’androgina Tilda Swinton per L’Antico e la dolce Rachel McAdams nei panni di Christine Palmer, collega ed ex compagna di Strange. Le premesse per lo sviluppo di una nuova saga ci sono sicuramente tutte, ma l’augurio è che le potenzialità di un personaggio realmente affascinante possano essere espresse in modo più completo nei futuri episodi.