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La ragazza senza nome

08/11/2016 11:00

Eleonora Piazza

Recensione Film,

La ragazza senza nome

L’ultima intuizione dei fratelli Jean-Pierre e Luc Dardenne

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Presentato a Cannes 2016, La ragazza senza nome è l’ultima intuizione dei fratelli Jean-Pierre Dardenne e Luc Dardenne dopo l’ultimo successo di Due giorni, una notte. Questa volta gli autori francesi dirigono un thriller, immerso nella tensione. Jenny (Adèle Haenel), un giovane medico belga, intraprende un lungo e terrificante percorso alla ricerca di una ragazza il cui cadavere è stato ritrovato non lontano dalla sua casa. Quella stessa notte la giovane donna aveva suonato freneticamente al portone di Jenny che, però, non l’aveva lasciata salire.


Il senso di colpa per l'omissione di soccorso rendono la glaciale protagonista una figura insonne e fantasmatica che, improvvisandosi detective, decide di combattere il silenzio di tutti coloro che gravitano attorno all’omicidio. Sentendosi in gran parte responsabile dell’accaduto, il suo scopo non è soltanto quello di rintracciare i colpevoli ma quello di scoprire il nome della ragazza a cui poter dare una degna sepoltura. C’è una poesia sottesa alla storia dei Dardenne. Il grigiore della periferia e dai suoni della strada si contrappongono a un clima di ansia costante, in cui sono inseriti i personaggi: lo squillo del telefono e il suono del campanello di casa, che si ripete dall’inizio alla fine del film, contribuiscono alla tensione.


A livello drammaturgico, però, La ragazza senza nome è un noir che subisce interruzioni e rallentamenti, causati probabilmente dall’assenza di un “arco” vero e proprio della protagonista. Jenny, infatti, è una donna apparentemente molto fredda, anche nei confronti dei suoi pazienti; sempre uguale a se stessa, con monotonia, svolge le sue “analisi” poliziesche nella stessa maniera in cui visita in ospedale. Non cambia, non si evolve mai e una patina polverosa avvolge il personaggio. Persino quell’abbraccio finale, che si propone come liberatorio, non lo è abbastanza. Nonostante i difetti, tuttavia, la nuova opera dei Dardenne costituisce una nuova conferma da parte dei fratelli registi: è possibile conciliare la realistica denuncia sociale con il cinema e la poesia.


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