
La superstar del calcio mondiale, attualmente attaccante del Manchester United, getta la maschera da duro per presentarsi ai tifosi: dai primi anni di attività al fenomeno da tutti conosciuto. Una raccolta di immagini inedite raccontano Zlatan Ibrahimovic: i suoi anni col Malmo, la squadra del suo paese, dove veniva criticato dai compagni perché “troppo innamorato del pallone” e poco propenso al gioco di squadra; l’approdo nell’Ajax e il primo duro confronto con un grande club; l'arrivo in Italia nella Juventus e l’inizio della consacrazione nei grandi palcoscenici europei. Preziose riprese mostrano un giovanissimo Ibrahimovic, che mostra il suo imperdibile aspetto arrogante ma anche le paure tipiche di un ragazzo che a soli 18 anni era già un fenomeno mediatico. La regia è di Fredrik Gertten - giornalista svedese, con partecipazioni a importanti festival come Sundance, Berlinale e Toronto - e Magnus Gertten. Un documentario senza alcuna ricerca di estetica, un montaggio di immagini dei primi anni 2000 che seguono la carriera del calciatore, intervallate dalle interviste di alcuni storici compagni di squadra - come l’ex attaccante dell’Ajax, Mido, grande amico -, allenatori e procuratori. La struttura lineare non ci regala dettagli cinematografici degni di nota: l’intento sembra essere unicamente quello di mostrare al mondo un altro lato del calciatore. L'impresa, sinceramente, non si può dire riuscita. Il materiale non è così interessante e la scelta di preferire la vita quotidiana - abbastanza noiosa - del giovane Ibra ai gesti tecnici e ai bellissimi gol non funziona. La sua fama da bad boy e i problemi da sbruffone sul campo sono storie già conosciute e proprio recentemente è stato pubblicata una biografia autorizzata che raccontava le stesse cose. Gli unici momenti in cui si prova a mostrare qualcosa di inedito sulla storia del calciatore è quando dalle sue interviste trapela l’eccesiva pressione e il desiderio di rendere orgoglioso il padre severo, ma tutto questo rimanda ancora una volta a una storia già sentita e trattata in maniera molto più interessante in quel caso letterario che fu "Open" l’autobiografia di Andre Agassi.