Difficile resistere all’ironia di Guido Catalano, ma ancora più difficile pensare che la sua padronanza scenica e il suo interagire con il pubblico possano essere sacrificabili sull’altare di una dimensione filmica altrettanto efficace. Ma tant’è: presentato in questo Torino Film Festival anche un piccolo film surreale di cui è protagonista il cabarettista, poeta, performer, sexsymbol sui generis e goffo intrattenitore Guido Catalano. Girato da Alessandro Maria Buonuomo alla sua opera prima, Sono Guido e non Guido è un mockumentary ironico e introspettivo insieme, che mescola sana comicità e malinconia. Ripercorrendo la storia del protagonista tra finzione e realtà, lo spettatore assiste alla genesi della sua arte poetica e trova nell’invenzione di un fratello gemello il simulacro della sua grammatica più intimista e sensibile. Guido Catalano, dal panorama letterario underground torinese è diventato un autore di best seller venduti in tutta Italia. Viaggia con il suo ufficio stampa in una macchina piena di attrezzature sceniche, di provincia in provincia, portando ovunque le sue poesie con ironia e verità. Ma non tutti sanno che è un impostore: in realtà è suo fratello Armando a essere l’artista di famiglia. Purtroppo è incapace di esprimere il suo estro creativo perché affetto da una strana sindrome, che gli rende impossibile comunicare: soffre di "reversofonia", parla infatti al contrario e capirlo è un'impresa. Solo attraverso un sofisticato software è possibile tradurre il suo linguaggio; ma senza questo strumento è solo Guido che riesce a decodificarlo, grazie al loro speciale legame di sangue. Appropriandosi della sua arte e portandola in giro per locali e teatri, questo tenero impostore riuscirà a dargli voce, sebbene con una finalità puramente egoistica. Sono Guido e non Guido è un lavoro di squadra durato due anni, a budget ridotto. Attraversando strade e bar, con personaggi che ruotano attorno al protagonista, il film si fa metafora di creatività e conferisce una dimensione visiva alla poetica del suo protagonista. Il gioco dei personaggi specchio Guido/Armando è un sincero raccontare solitudini e malinconie che convivono all’interno dell’animo degli artisti, così abituati a strappare un sorriso da dimenticarsi come si fa a sorridere. Siamo personaggi da palcoscenico o esseri umani chiusi nelle nostre fragilità? Il film ricorda un altro lavoro, Pecore in Erba di Alberto Caviglia, ma è decisamente più centrato. L’ironia non è mai gratuita, c’è sempre un qualcosa di ricercato nella messa in scena che impreziosisce il lavoro. Il tema del doppio è l’elemento che compatta tutto il film: c'è del doppio nei personaggi, nell’arte, nella scrittura. E in questo continuo binomio narrativo risiede il senso di quest’opera, che sceglie un meccanismo di messa in scena non banale e sofisticato, anche nei dettagli. Sono Sono Guido e non Guido è un film ricco di spunti interessanti, che travolgerà senza dubbio anche i non fan del poeta. L'opera infatti, divertente ma anche ambiziosa, cerca di riprodurre l'ecosistema in cui vivono i performer ai tempi moderni sempre in equilibrio precario tra la comicità intelligente e le derive più kitsch e grottesche. Come essere credibili, interessanti, quando si è anche espressamente bizzarri? La "solitudine immeritata" è sempre in agguato.