Christopher Nolan torna dietro la macchina da presa, cimentandosi nella ricostruzione di una delle pagine più cupe, eppur tinte di speranza, della storia degli eserciti britannico e francese: la disfatta di Dunkerque e la rocambolesca ritirata che, di fatto, consegnò di lì a poco la Francia al Terzo Reich. La narrazione di questa drammatica pagina di storia procede nel film di attraverso l’intreccio di tre punti di vista, che distinguono protagonisti, prospettive e durate temporali. Seguiamo Tommy, il soldato inglese interpretato da Fionn Whitehead che si trova a terra, presso il molo di Dunquerke, in cerca di un modo di imbarcarsi; Mr. Dawson (Mark Rylance), suo figlio Peter (Tom Glynn-Carney) e l’amico George (Barry Keoghan), civili che con la loro barca si mettono in navigazione verso Dunquerke, rispondendo all’appello della Royal Navy per contribuire al salvataggio dell’esercito; infine ci sono i piloti Collins (Jack Lowden) e Farrier (Tom Hardy) che, a bordo dei loro Spitfire, cercano di difendere le operazioni di evacuazione dagli attacchi della Luftwaffe. Terra, Acqua e Aria, unite dal fuoco delle esplosioni e intrecciate in una scansione temporale che parte da una settimana prima per i soldati al fronte, un giorno per i civili sulla barca, un’ora per i piloti in volo. Il gioco che si innesca fra queste scene anima e rende complesso e curioso il montaggio, con sequenze di cui vediamo momenti diversi a seconda del punto di vista, aumentando le possibilità espressive di una storia in sé drammatica ma molto lineare. Ottima la resa di tutti gli attori in scena, calati nelle rispettive parti e intensi nel comunicare disperazione, rassegnazione, rabbia, speranza, gioia. Dunkirk è in tal senso un completo caleidoscopio delle emozioni umane in gioco nel contesto enfatizzato di un conflitto. Altra caratteristica interessante è che l'antagonista è pressoché invisibile: i nazisti si palesano in modo esplicito solo in forma di aerei della Luftwaffe, per il resto la presenza del nemico è esplicitata esclusivamente da proiettili e siluri. Il nemico è spaventoso anche per questo: se ne avverte la presenza e l’avvicinamento, causa vittime con tutti i mezzi a sua disposizione, ma è fuori dal quadro, un’entità indefinita e per questo ancor più spaventosa. Interessante l’uso del comparto sonoro: fondamentali nel puntellare il montaggio e sottolineare i passaggi più drammatici, le musiche di Hans Zimmer sono anche espressione dei sentimenti, tanto dei protagonisti come individui, come delle masse con le quali i singoli condividono il destino. La preponderante presenza della musica è bilanciata da dialoghi ridotti all’essenziale, in una rappresentazione dell’ineffabile tensione e drammaticità di una situazione che si sente essere senza scampo, ma dalla quale comunque si cerca di fuggire con ogni mezzo a disposizione. Dunkirk stupisce e colpisce per la sua asciutta messa in scena: l’angosciante portato di una realtà troppo spesso spettacolarizzata è reso al meglio trasmettendone l’essenzialità , con voli celebrativi lasciati non casualmente ad un aereo senza carburante e alla propaganda.