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Piccoli crimini coniugali

03/11/2017 12:00

Emanuela Di Matteo

Recensione Film,

Piccoli crimini coniugali

Buy e Castellitto in un racconto di coppia nerissimo

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Ambientato nell’algido quartiere dell’EUR a Roma, raccontato nel ristretto spazio temporale e fisico di una giornata, in un appartamento dalle fredde geometrie che sembrano ancora di più ingabbiare i protagonisti, Piccoli crimini coniugali è un lungo dialogo amoroso dai risvolti neri.


Una coppia intellettuale e borghese di mezza età, chiusa in un appartamento. Lui, scrittore di gialli di successo, ha battuto la testa e ha perso la memoria. Lei, elegante moglie, senza troppi slanci affettivi, lo aiuta a ricordare il loro legame e la loro vita perfetta. Ma è davvero così? Mano a mano che il film prosegue i ruoli si ribaltano, i personaggi – della moglie e del marito – si reinventano, nel tentativo di salvare il loro amore, di conoscersi per quel che sono davvero, di svelare, o nascondere, cosa è accaduto la notte dell’incidente. Il regista, il romano Alex Infascelli (David di Donatello miglior regista esordiente e miglior documentario) ha alle spalle lavori come il nerissimo Almost Blue e il più recente docu-film S in for Stanley su Stanley Kubrick: anche stavolta Infascelli non disconosce le ambientazioni orrorifiche, disegnando una coppia la cui storia scivola sempre di più verso il thriller, con lampi di delirio.


Il binomio "matrimonio = unione di assassini" è chiaro. Quello che si dovrà scoprire, è chi dei due è la vittima e chi il carnefice; quali sono le bugie e quali le verità. Il film è tratto dall'omonimo libro del francese Eric-Emmanuel Schmitt, bestseller da milioni di copie nel mondo, che ha dato vita anche a una pièce di grande successo. I due protagonisti Margherita Buy e Sergio Castellitto sono bravissimi, anche se chiusi nella cattività di una sceneggiatura teatrale, dai dialoghi letterari, verbosi, inverosimili, che talvolta mettono a dura prova la pazienza e l’empatia dello spettatore. Il gioco della finzione è scoperto. Non c’è immedesimazione, si sta assistendo a un duello, si dovrà scoprire il colpevole. Gli allestimenti scenici sono fondamentali in queste geometrie: scale a chiocciola da cinema espressionista tedesco, giochi di ombra e di luci accecanti, doppi dei protagonisti riflessi sul tavolo da pranzo, lunghi corridoi, linee simmetriche.


Ma la raffinata ricercatezza del film, e le interpretazioni intense dei due attori, non sono sufficienti a catturare il cuore dello spettatore, a coinvolgerlo interamente in questo gioco di scacchi. Siamo lontani dal divertimento e dalla partecipazione totale (intellettuale ed emotiva) di Carnage di Roman Polanski, opera teatrale ma non meno cinematografica. Ogni coppia sa bene che la sua storia è tessuta anche di recriminazioni e sofferenze, che insieme alla dolcezza dei ricordi e ai brandelli di passione creano quell’unione tra cattiva sopportazione e profonda dedizione che è l’amore coniugale. Ma i protagonisti di Piccoli crimini coniugali sono così fuori dal tempo e dalla realtà, incastonati nell’eleganza fredda delle ambientazioni, che la cinica rivelazione del narrato, risulta una carta solo parzialmente vincente, in un film che promette molto per non restituire abbastanza in cambio.


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