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Radiazioni BX: distruzione uomo

20/03/2017 12:00

Davide Tecce

Recensione Film,

Radiazioni BX: distruzione uomo

Uno dei più interessanti e riusciti film di fantascienza anni Cinquanta

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Autentico gioiello della fantascienza anni Cinquanta, Radiazioni BX distruzione uomo è una fedele trasposizione cinematografica del romanzo Tre millimetri al giorno di Richard Matheson, maestro americano del brivido. La vicenda descritta nel libro - indubbiamente tra le migliori prove letterarie dell’autore - pone in scena le drammatiche peripezie di Scott Carey, giovane businessman e padre di famiglia, prototipo ideale del ceto medio statunitense, il quale a seguito del contatto con una misteriosa sostanza radioattiva scopre di stare subendo un lento ma costante processo di rimpicciolimento. Via via che le proporzioni dell’uomo diminuiscono, senza che la scienza possa fare qualcosa per riportarlo alla normalità, egli è costretto a misurarsi con un ambiente quotidiano che da confortevole e rassicurante diventa sempre più ostile e pericoloso. L’idea del romanzo, assai teso e avvincente, consente a Matheson di esplorare con insolita efficacia narrativa le preoccupazioni di una middle class angosciata dalla prospettiva della perdita del proprio tenore di vita, dalla crisi delle identità e dei ruoli tradizionali, dalla disgregazione dei legami familiari, dallo scatenarsi di un conflitto atomico, e non ultimo dal timore dell’individuo di scoprirsi troppo piccolo e impotente al cospetto di un mondo cresciuto a dismisura, divenuto ormai globale, nel cui ambito egli prende amaramente atto di sentirsi sempre più solo, smarrito e “alieno” (proprio come accade al protagonista di un altro capolavoro mathesoniano, Io sono leggenda).


Pubblicato nel 1956, il romanzo Tre millimetri al giorno si vide convertito su pellicola già l’anno successivo, quando gli Universal Studios ne affidano la realizzazione all’esperta guida di Jack Arnold, specialista del genere fantascientifico, il quale vantava al proprio attivo una schiera di titoli di successo come Destinazione Terra (1953), Il mostro della laguna nera (1954), Tarantola (1955) e La vendetta del mostro (1955). Nonostante il modesto budget a disposizione, il film riuscì a tenere il passo dell’opera letteraria concentrando i propri sforzi nella creazione di un adeguato clima di suspense e nella resa cinematografica del processo di miniaturizzazione del protagonista. Notevoli, da quest’ultimo punto di vista, gli accorgimenti tecnici adoperati per riuscire a riprodurre sullo schermo lo sconvolgimento delle proporzioni fisiche di Scott Carey (interpretato da un Grant Williams ben calato nella parte): la costruzione di modellini in scala e l’uso accorto dello zooming contribuirono in primis a confezionare un’esperienza visiva soddisfacente, capace di impressionare il pubblico dell’epoca, e che pur tradendo oggi la propria artigianalità conserva comunque un certo fascino. Le sequenze di combattimento dell’uomo con il gatto domestico e il ragno della cantina sono entrate a buon diritto negli annali della Settima Arte: in particolare, con specifico riferimento alla figura dell’aracnide, il supervisore agli effetti speciali Clifford Stine ricorre all’alternanza di riprese tra un pupazzo gigante e una vera tarantola, manovrata grazie ad appositi getti d’aria. Soltanto nelle battute conclusive la pellicola si distoglie in minima parte dalle pagine del romanzo, presentando un finale meno dirompente e immaginifico rispetto alla controparte cartacea, ma preservando comunque il senso originario del discorso dello scrittore: ciò si è verificato probabilmente a causa dei limiti finanziari del progetto, ma non occorre dimenticare che Jack Arnold dovette faticare per imporsi sui produttori ed evitare che venisse girata una conclusione completamente diversa, più ordinaria e rasserenante.


Nel complesso, Radiazioni BX: distruzione uomo (discutibile traduzione italiana dell’originale The Incredible Shrinking Man, evidentemente operata per fare facile presa sul pubblico grazie all’impatto sensazionalistico) è uno dei più interessanti e riusciti film di fantascienza del decennio, ennesima prova dell’abilità di Jack Arnold nel dirigere un prodotto in grado di coniugare gli obiettivi di intrattenimento dell’industria con le ambizioni artistiche di un genere all’epoca ancora sottovalutato, eppure capace, meglio di tanti altri, di farsi specchio del presente e proiezione nel futuro della società contemporanea, nonché del cinema stesso.


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