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Virgin Mountain

24/03/2017 11:00

Giovanni Montanari

Recensione Film,

Virgin Mountain

La storia di Fusi, la Montagna Vergine, un uomo enorme tutto cuore

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Uno dei più famosi, se non il più famoso, regista islandese Dakur Kàri porta sullo schermo la storia di Fusi, la Montagna Vergine, un uomo enorme tutto cuore. Fusi (Gunnar Jònsson) è uomo sulla quarantina, che vive ancora con la madre. Lavora all’aeroporto, ma non è mai andato all’estero. Gioca alla guerra, ricreando con il suo unico amico la grande battaglia di El Alamein, e cerca di non farsi problemi accomodandosi in una routine sicura e il più possibile certa. Ma Fusi non ha mai fatto l’amore. La sua vita cambia del tutto quando incontra una donna problematica, di cui si innamorerà, e una bambina di otto anni bisognosa di attenzioni, che lo costringeranno a diventare adulto e a prendersi responsabilità che non pensava di poter sopportare.


Dagur Kári ci regala questo film agrodolce, alla scoperta di un grande gigante dal cuore buono. Un cuore tarpato e nascosto ma che, una volta costretto a uscire, non può fare a meno di lavorare e di dare tutto il possibile al prossimo. La regia si nasconde e si trasparentizza: non ci sono movimenti di macchina o inquadrature azzardate e il montaggio non ci tiene più di tanto ad attrarre l’attenzione dello spettatore. In scena c'è soprattutto la grande interpretazione di Gunnar Jònsson, che riesce a trasmettere il disagio, il bisogno di affetto e la solitudine di Fusi anche solo con uno sguardo e con i movimenti di quel grande corpo. Anche la bella sceneggiatura, opera ancora di Dagur Kári, nasconde in una storia semplice di vita quotidiana un grande messaggio: Fusi, una volta innescato dall’amore per Sjöfn e dall’incontro con la piccola vicina di casa, uscirà dalla sua routine e non si fermerà più; e nonostante problemi, delusioni, incomprensioni e ostacoli troverà la sua dimensione e godrà della propria generosità. Grazie a questi incontri che lo sbloccano, che lo fanno diventare davvero grande, riuscirà a trovare una felicità che forse si era sempre negato e che non era mai riuscito a trovare.


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