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Transformers 5 - L'Ultimo Cavaliere

22/06/2017 11:00

Marco Filipazzi

Recensione Film, Film Fantascienza, transformers,

Transformers 5 - L'Ultimo Cavaliere

Michael Bay è epicità allo stato puro

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Transformers 5 - L'Ultimo Cavaliere è oggettivamente un film colossale ed epico, due aggettivi usati troppo a sproposito nell’ultima decade. Quando uscì Independence Day nell’estate del 1996, l’impatto che ebbe sullo schermo fu enorme: le immagini di queste gigantesche astronavi che sovrastavano intere città oscurando il cielo riuscivano a trasmettere un senso di minaccia e oppressione tanto grande da risultare inimmaginabile. E agli occhi di uno spettatore adolescente risultava essere una delle cose più cool mai apparse sullo schermo. Questo, unito a un patriottismo tanto ostentato da rasentare la parodia, ha fatto di Independence Day una colonna portante del cinema d’intrattenimento moderno; uno degli ultimi kolossal e precursore dei moderni blockbuster. La differenza è sottile. Un’era, quella dei kolossal, che è tramontata a cavallo del millennio, quando a una messa in scena più pratica (le scenografie, gli effetti artigianali, la direzione di centinaia di comparse) si è sostituita quella digitale che ha dato l’avvio ai blockbuster, dove il solo limite è rappresentato da fantasia e budget. "Epico” invece è un aggettivo inflazionato, usato davvero troppo a sproposito nelle campagne marketing degli ultimi tempi, specialmente per film a chiusura di una trilogia o saga. «The epic finale that will live forever» era la frase che accompagnava l’uscita di The Twilight Saga: Breaking Dawn - Parte 2, che va bene il fan service, ma occorre sempre calibrare i toni. Ecco, con questo film sembra che Michael Bay abbia voluto far capire a tutti il vero significato di queste due parole.


Uno sbalorditivo prologo riscrive 1.600 anni di storia fondendo la leggenda di Re Artù e Merlino a una buona dose di mitologia cybertronica. Stacco a oggi: gli uomini sono in guerra contro i Transformers, che siano Autobot o Decepticon. Optimus Prime è in viaggio nello spazio verso il suo pianeta natale, in cerca di risposte. Il personaggio di Mark Wahlberg è rimasto solo, nascosto dal mondo, e vive in una discarica proteggendo gli Autobot e i Dinobot. Dovrebbe essere palese che mai questa saga ha avuto nella storia e nell’introspezione dei personaggi il proprio punto di forza. Al quinto capitolo dovrebbe essere chiaro al pubblico a cosa sta andando incontro. Il franchise si chiama Transformers e i protagonisti sono robot alieni giganti ispirati a giocattoli della Hasbro, se qualcuno si lamenta di lacune di sceneggiatura o personaggi poco sfaccettati ha probabilmente vissuto gli ultimi 20 anni in un bunker antiatomico. La storia è un pretesto, perché vedere un film dei Transformers è come tornare bambini, sedersi sul tappeto di camera propria e ricordare i pomeriggi passati a giocare con questi robot di plastica: l’importante non era il senso delle azioni dei personaggi, ma la spettacolarità delle scazzottate e degli inseguimenti. E Transformers 5 - L'Ultimo Cavaliere fa proprio dell’estetica, della messa in scena e della voglia di sbalordire il suo punto nevralgico. Si tratta di spettacolo puro; un cinema muscolare e adrenalinico che ha senso di esistere solo ed unicamente sullo schermo di un cinema, magari in IMAX, magari in 3D, magari con il miglior impianto audio disponibile, altrimenti è come assistere a uno spettacolo di fuochi d’artificio guardandolo attraverso una tapparella abbassata. Come andare sullo Space Vertigo di Gardaland, dove mentre sei in fila ti raccontano la storia di un virus alieno e di un modulo spaziale che deve essere evacuato: non è quella la parte interessante, sono le emozioni e i giramenti di testa che ti rimangono impressi. E l’emozione che riesce a trasmettere Michael Bay è epicità allo stato puro.


Dal prologo al salvataggio di una bambina, dalla guerriglia urbana ai pianeti persi nello spazio siderale, tutto è intriso di una solennità al limite del caricaturale. In questo film Michael Bay riesce a rendere epica persino una partita di polo all’inizio del film! Là dove ormai la devastazione urbana è all’ordine del giorno, Bay alza l’asticella su scala planetaria, facendo emergere dal centro della terra un macchinario alieno grosso quanto un terzo del nostro pianeta. Sono scene enormi, che sembrano voler schiacciare lo spettatore con la loro mole colossale. C’è un inquadratura a volo d’aquila che si avvicina a questa gigantesca nave che emerge dall’oceano, mettendo lentamente a fuoco due microscopici puntini che vanno via via delineandosi, sino a diventare Mark Wahlberg e Laura Haddock che corrono. Una messa in scena impressionante che cambia il concetto di proporzioni e inneggia all’eroismo più puro. Già molte volte in passato Bay ha dichiarato di voler rinunciare alla regia del franchise e se questa dovesse finalmente essere la volta buona credo che nessuno riuscirebbe a biasimarlo: dirigere un film di proporzioni più grande di questo è una prospettiva che fa quasi paura.


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