Dalle strisce a fumetti al grande schermo. Per Spawn il passaggio è avvenuto forse troppo in fretta. Nato nel 1992 dall'immaginazione di Todd McFarlane per la Image Comics, la serie a fumetti segnò immediatamente nuovi record di vendite negli USA: il primo numero vendette 1,7 milioni di copie, rendendolo il fumetto indipendente più acquistato fino ad oggi. L'adattamento live action, sceneggiato da Alan B. McElroy per la New Line Cinema, arriverà appena cinque anni dopo, seguito da un tiepido riscontro al botteghino: costato 40 milioni di dollari, ne incassò poco più del doppio in tutto il mondo. Al Simmons (Michael Jai White) è un killer professionista del governo USA. Quando il suo superiore Jason Wynn (Martin Sheen) lo tradisce e lo uccide in Corea del Nord – durante la missione che avrebbe dovuto mettere la parola fine alla sua carriera da assassino – promette di vendicarsi. Pur di rivedere la sua Wanda (Theresa Randle), Al Simmons decide di scendere a compromessi con Malebolgia, al quale assicura la guida del suo esercito per l'imminente Apocalisse. L'inferno ha appena creato un nuovo mostro: Spawn. Nel frattempo Cagliostro (Nicol Williamson) e il Clown/Violatore (John Leguizamo) si contendono le sue attenzioni. Spawn condivide con Il corvo la stessa origine (entrambi nascono come comic book indipendenti), ma dal confronto cinematografico la creatura di Mark A.Z. Dippè ne esce con le ossa rotte. La storia di Al Simmons diviene presto metafora di rinascita: allude a una condizione familiare da cartolina, disintegrata dopo la sua morte e successiva discesa negli inferi – il paragone con {a href='https://www.silenzioinsala.com/4314/robocop/scheda-film'}Robocop{/a} di Paul Verhoeven non è del tutto fuori luogo, anche se tra i B-movie quest'ultimo rimane un imbattibile fuori classe. Dippè è un discreto mestierante: impiega la sua competenza nelle materie digitali (proviene dalla Industrial Light & Magic) per contestualizzare i personaggi in un mondo dark non abbastanza formato (animazioni e scenografie tridimensionali appaiono approssimative). Difficile segnare il confine di responsabilità tra le competenze registiche e i limiti di budget imposti dalla produzione. In Spawn mancano comunque i tratti umani e introspettivi dell'eroe dannato, una sceneggiatura solida e la mano di un regista visionario in grado di garantire un'escalation ragionevole che impegni tanto l'immaginazione quanto la partecipazione emotiva dello spettatore. Tra i caratteristi – uno più improbabile dell'altro – John Leguizamo è l'unico che riesce a restituire dignità al suo personaggio, anche grazie all'ottimo make-up che ne accentua l'orrida maschera immorale. La colonna sonora, commistione di metal e musica elettronica, stride con l'atmosfera e allontana definitivamente questa (scadente) trasposizione dalle tavole originali alle quali McFarlane deve la sua ascesa come fumettista. Resosi conto del flop, il papà di Spawn afferma da anni di avere pronta la storia per un reboot: che le fiamme dell'inferno lo carbonizzino se non dovesse dimostrarsi la volta buona.