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Sicilian Ghost Story

22/05/2017 11:00

Riccardo Tanco

Recensione Film,

Sicilian Ghost Story

Un dramma fiabesco presentato a Cannes70

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In un piccolo paese siciliano immerso nei boschi, Luna (Julia Jedlikowska) è un'adolescente innamorata di Giuseppe (Gaetano Fernandez), suo compagno di classe. Dopo aver passato la giornata insieme, Luna consegna a Giuseppe una lettera d'amore. Poco dopo però il ragazzo scompare misteriosamente, senza lasciare tracce. Mentre il paese sembra ignorare l'accaduto, Luna cercherà in tutti i modi di ritrovare Giuseppe e riportarlo a casa dal “mondo oscuro” in cui è imprigionato.


Presentato in anteprima al 70° Festival del Cinema di Cannes, film d'apertura della Semaine de la Critique, Sicilian Ghost Story è il secondo film diretto dai registi Fabio Grassadonia e Antonio Piazza. Quattro anni dopo Salvo (presentato a Cannes nel 2013) la coppia Grassadonia/Piazza alza il tiro con un'opera più ambiziosa e complessa: a partire dal suggestivo incipit del film, che dall'oscurità di un luogo tetro e indefinito si alza verso la luce del piccolo paese siciliano che fa da sfondo alla vicenda. I due registi realizzano un dramma thriller a tinte fiabesche, dove realtà e fantasia sono i due piani su cui si muove il racconto, coerentemente col binomio luce/buio a cui si assiste all'inizio. Nella prima parte del film sembra che le idee degli autori muovano nella direzione giusta, in un continuo contrasto tra magia e realtà e, soprattutto, tra sogni e verità. Apprezzabile anche il tentativo di restituire al cinema una Sicilia inedita, sospesa tra l'aspetto rurale e quello più incontaminato: come i suoi scenari, anche Sicilian Ghost Story sembra appartenere a un tempo non definito. Ma con l'andare avanti nella vicenda, il film di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza perde progressivamente il fascino che si era costruito all'inizio: l'immaginario, in equilibrio tra il fantastico e il reale, guarda al cinema di Matteo Garrone ma Sicilian Ghost Story si addentra anche in simbolismi e metafore troppo forzate. Questo lirismo viene poco supportato dalla scrittura, a tratti un po' didascalica, compromettendo anche la fascinosa messa in scena. Così, il film si trasforma da una suggestiva narrazione sui sogni e sull'amore come armi per sfuggire alla realtà, a un più prevedibile racconto di formazione.


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