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Lavender

15/05/2017 11:00

Maurizio Encari

Recensione Film,

Lavender

Un classico horror-mystery a tema spiritico

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Dopo aver perso la memoria in un incidente stradale, causato da un blackout mentale coincidente con l'apparizione in mezzo alla strada di una misteriosa bambina, la fotografa Jane non riconosce più il marito e la figlia. Su consiglio dello psichiatra, la donna decide di tornare nella casa di infanzia: il luogo in cui, venticinque anni prima, ebbe luogo il massacro della sua famiglia. Di questo crimine Jane, ritenuta poi responsabile, è l'unica sopravvissuta. Dopo quel terribile evento, questa dimora è rimasta abbandonata. Inquietanti segreti verranno a galla tramite la comparsa di spiriti senza pace pronti a chiedere giustizia.


Dopo il mediocre mockumentary The Last Exorcism - Liberaci dal male (2013), il canadese Ed Gass-Donnelly continua il suo percorso nel mondo horror con un thriller/mistery spiritico di stampo classico, avente a che fare con l'abusato prototipo della casa maledetta. Una storia che fin dal breve prologo, ambientato nel passato e atto a introdurci alla tragedia scatenante gli eventi futuri, non si allontana dagli stereotipi del filone: il progressivo svelamento di colpi di scena e di inquietudini fantasmatiche trainano senza troppa personalità i novanta minuti di visione. Il problema di Lavender (disponibile su Netflix) è nella sua corretta piattezza: pur potendo contare su una più che discreta messa in scena e su ottime prove attoriali (in primis della protagonista Abbie Cornish), si adagia lemme lemme sui tipici stilemi del genere, con forzature narrative di sorta nel prevedibile trauma mnemonico della donna e un paio di jump scare in cui il terrore è però ingiustificato assente. A funzionare è soprattutto la prima parte, in cui qualche spunto di sceneggiatura sembrava poter condurre la vicenda su lidi meno convenzionali; salvo poi appunto riciclare dinamiche e situazioni, con tanto di canzoncine scaccia-paura e misteriosi oggetti consegnati da invisibili presenze sulla porta di casa. Una produzione senza infamia e senza lode che, nonostante la buona realizzazione tecnica, non aggiunge nulla a quanto visto e rivisto negli ultimi anni, proponendosi solo come un appena piacevole +1 per gli appassionati.


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