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Lady Macbeth

23/10/2017 11:00

Emanuela Di Matteo

Recensione Film,

Lady Macbeth

Una Lady, disperatamente innamorata e pronta a tutto

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Gelida campagna inglese battuta dalla pioggia e dal vento, 1865. Un marito molto più vecchio che la disprezza e un suocero aguzzino. La solitudine, la noia e l'isolamento avrebbero potuto piegare e annullare la volontà di Katherine, sposa diciassettenne col volto di bambina (la bellissima attrice Florence Pugh). La giovane cameriera nera (Naomi Ackie), infatti, che condivide rassegnata la prigionia della padrona, è poco più che un'automa. Unica donna, in tutta la prima parte del film, in un microcosmo maschile, sembra il suo debole alter ego. Ma quella mancanza di calore umano, insieme alle ore trascorse ad aspettare, ingabbiata nello strettissimo corsetto, ad attendere solo che arrivi la sera per poi riaffrontare una giornata identica alle altre, trasformano Katherine in una creatura selvaggia. Il pulsante che porta alla deflagrazione è l'amore appassionato per un giovane stalliere senza scrupoli. Se tutte le umiliazioni subite, la solitudine forzata, le torture morali a cui è stata sottoposta non hanno suscitato alcuna reazione apparente, l'idea di poter perdere quell'amore a cui si è disperatamente avvinta, la rende coraggiosa e spietata. Ma il suo coraggio si trasforma in omicidio e diventa folle e aberrante, nella rappresentazione di una delle scene più crudeli che il cinema contemporaneo abbia visto.


Opera prima del regista teatrale William Oldroyd, e tratto liberamente - con dovute trasformazioni nel presupposto e nel finale - dal racconto Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Nicolaj Leskov, questo film è un bellissimo e disturbante ritratto di una vittima-carnefice, di una donna dal volto di angelo e dalle passioni di belva feroce. Improprio l'accostamento di Katherine al nome dell'originale perfida manipolatrice Lady del dramma shakespeariano: non sono infatti l'avidità e la sete di potere ad armare la protagonista di Lady Macbeth ma il bisogno primario di sopravvivere, amare ed esistere. L'ultima inquadratura del film è angosciante e meravigliosa. La protagonista ha scelto il suo destino, bene o male; si è liberata da - quasi - ogni fardello: è finalmente sola. L'ha ottenuto, letteralmente, a qualunque costo. In un mondo di uomini senza cuore oppure di schiavi annullati, Katherine ha scelto di strapparselo.


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