Quattro studenti del college decidono di trascorrere un paio di giorni a Los Angeles per visitare luoghi simbolo di storici riti satanici: la stessa camera d'albergo da loro prenotata appartiene a questa inquietante lista. I veri problemi per i ragazzi iniziano però quando, per movimentare la loro vacanza, decidono di seguire di nascosto il proprietario di un gothic-shop imbattendosi in una messa nera in cui una adolescente è apparentemente pronta ad essere sacrificata. Peccato che la presunta vittima si riveli in realtà molto più pericolosa del previsto. Esordio cinematografico del regista televisivo Jeffrey G. Hunt, Satanic (disponibile su Netflix) è un horror a basso budget che paga una realizzazione raffazzonata e una messa in scena ai limiti dell'amatoriale, finendo per tirare in ballo la mitologia satanista (con tanto di copiosi riferimenti all'iconica figura del leggendario esoterista Anton LaVey) in maniera del tutto sconclusionata. Tolto il luogo comune che vede gli adepti del culto appartenenti alla cultura gothic/dark, così come due dei giovani protagonisti, la sceneggiatura non ne imbrocca una. Per la prima metà Satanic è un concentrato di pura noia: i personaggi sono accompagnati nel loro tour di magia nera, tra tavolette oujia e improbabili tentativi di evocazione (che strappano più di un sorriso nella loro superficialità ) e visite fotografiche ad alcuni luoghi simbolo in cui sono avvenuti misfatti a tema. La seconda parte, con l'entrata in scena della fondamentale figura della giovane Alice, preme l'acceleratore su tonalità più orrorifiche, con sacrifici umani, violenti suicidi, poltergeist e morie di uccelli che minano la tranquillità della vacanza, trascinando verso un rush finale dove gli artigianali effetti speciali (alcuni di discreta resa) rubano a piene mani dai topoi del filone. Le anonime interpretazioni del cast e la costante impressione di inadeguatezza stilistica, sempre indecisa sulla via da seguire, consegnano l'operazione nel limbo di quelle produzioni destinate all'immediato e meritato oblio.