In un ipotetico 2007 in cui le scorte di cibo stanno finendo, Lucy Mirando diventa CEO della multinazionale Mirando Corporation. Il suo primo annuncio nel suo nuovo ruolo è la creazione di enormi maiali (spacciati per creature naturali ma in realtà generati in laboratorio) la cui carne possa sostenere le carenze alimentari del mondo intero. A scopo pubblicitario e anche per testare l'affidabilità degli animali, ventisei esemplari vengono fatti crescere in diversi parti del globo da altrettanti allevatori: dopo dieci anni verrà premiato il migliore. L'azione si sposta così proprio allo scadere del termine, nelle montagne coreane, dove la famiglia di contadini della giovane Mija ha cresciuto con cura il proprio maiale ribattezzato Okja. Il rapporto tra la ragazzina e la bestia è quello di un'affettuosa e solida amicizia. Così, quando Okja viene scelto come vincitore, per essere conseguentemente trasportato negli Stati Uniti, Mija farà di tutto per salvarlo dal suo inevitabilmente tragico destino. Si è parlato mediaticamente più delle polemiche relative al caso Cannes che della reale qualità del film, originale Netflix, diventato di dominio pubblico in quanto (osteggiato) primo titolo in corso per la Palma d'Oro a non aver goduto di una distribuzione in sala. Come è giusto che sia l'attenzione però va riportata sulla mera qualità dell'ultimo lavoro del regista coreano Bong Joon-ho, alla sua seconda co-produzione internazionale dopo il mai troppo citato Snowpiercer (2014). E Okja ne ha di cose da dire nelle avvincenti due ore di visione. La prima parte è un racconto fantasy/ambientalista in cui convivono anime diverse, capaci di riportare a influenze spielberghiane o del cinema di Hayao Miyazaki; la seconda si dirotta su una satira feroce e cinica del mondo del business, non risparmiando niente e nessuno nella sua intelligente ironia sottotraccia. A cominciare dai mass media e dalla pubblicità , arrivando all'ovvia critica alle multinazionali che guardano solo al vile denaro; fino alle sferzate, più sottili, all'oltranzismo ambientalista. La narrazione coglie spunti sempre originali concedendo ovviamente spazio al puro spettacolo per tutta la famiglia, alternando sequenze di toccante tenerezza a passaggi più crudi e quasi horror come nel finale ambientato all'interno del macello. La sceneggiatura costruisce personaggi e situazioni volutamente sopra le righe e smaccatamente caricaturali, con figure come quelle delle sorelle Mirando (una doppia, straordinaria, Tilda Swinton) o dello zoologo Johnny Wilcox (un irriconoscibile Jake Gyllenhaal), spassosamente esagerati nei loro eccessi. Trova inoltre una simbiotica forza nel profondo rapporto tra la giovane Mija (interpretata con efficacia dalla tredicenne Seo-Hyun Ahn) e la sua creatura, realizzata con effetti speciali credibili e naturali nelle interazioni con luoghi e persone. Al netto di qualche sbavatura, figlia di ambizioni alte non sempre equilibrate con giusto tempismo (la parte centrale non è priva di tempi morti), Okja è un'operazione che funziona egregiamente e propone un coinvolgente ed empatico mix tra intrattenimento e metafore sociali sul nostro diretto contemporaneo.