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Mr. Nobody

31/05/2017 10:00

Maurizio Encari

Recensione Film,

Mr. Nobody

Un magico viaggio tra dramma, sci-fi e filosofia

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Nell'anno 2092 Nemo Nobody è l'uomo più vecchio del mondo: ha raggiunto la veneranda età di 117 anni, rinunciando all'immortalità genetica ormai diffusa. L'anziano è diventato una sorta di celebrità e l'imminente ora della sua morte è di dominio pubblico. Proprio nei giorni che lo separano dalla fine Nemo decide di ripercorrere, tramite sedute e interviste, la sua lunga esistenza. Un'esistenza non chiara che si alterna tra ricordi di diverse vite, tutte conseguenti a una scelta da lui compiuta quando era solo un bambino: restare con il padre nella piccola cittadina natale o partire con la madre per il Canada? Una decisione che avrebbe influenzato tutti i suoi possibili futuri.


Un concentrato di infinite sliding doors domina il cuore narrativo di Mr. Nobody, film del 2009 diretto dall'apprezzato regista belga Jaco Van Dormael: un inno poetico e sofferto alla teoria del caos e all'effetto farfalla, all'interno di una costruzione intensa capace di appassionare per oltre due ore e mezza di visione (almeno nella versione estesa). Opera dal preponderante sottotesto filosofico, possiede un cuore e un'anima pulsanti nelle sue accese esplosioni emozionali: sono ben tre le sottotrame romantiche (una più fondamentale delle altre) che caratterizzano i parallelismi di scrittura; altrettanti i mondi filmici che si muovono su linee rette e smussate al contempo, mentre i dettagli e la casualità li portano a sfiorarsi in più occasioni in una partita crudele e beffarda con le fila del destino. Molteplici letture si sprecano in un contesto che utilizza il mezzo fantascientifico, con l'ambientazione del futuro quale incipit per ricordare il passato e la stesura di un libro ambientato su Marte, per parlare dell'importanza delle scelte, dei possibili rimpianti e dei rimorsi per una decisione giusta o sbagliata che fosse. Non a caso i tre personaggi femminili, tratteggiati con delicatezza e profondità, indagano tematiche quali la depressione e il dolore del distacco, offrendosi quali specchi eterogenei e complementari di un protagonista segnato dalle diverse esperienze intraprese a cui sembra sempre mancare un pezzo per trovare il proprio senso di vivere. Jaco Van Dormael, anche autore dell'ispirata e originale sceneggiatura, utilizza il più che discreto budget a disposizione per ornare la messa in scena con raffinati e surrealisti effetti speciali, adeguato contraltare delle diramazioni introspettive e psicologiche della figura di Nemo, interpretato con efficace mimetismo dall'ottimo Jared Leto e dalle sue più giovani versioni, il tutto in una progressione non lineare, nel tempo e nello spazio, di situazioni sempre e comunque derivate dalla scelta iniziale. Binari che si incastrano senza sosta in una mente confusa in costante mancanza di una precisa identità, con l'amore che si pone quale ancora finale di un viaggio senza limiti e confini. Un nucleo ipnotizzante e magnetico che cattura lo sguardo e i sensi con una complessità amara che si semplifica in un genuino e catalizzante percorso viscerale alla scoperta di se stessi e delle proprie incertezze sugli innumerevoli bivi solcati in questo breve palcoscenico chiamato Vita.


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