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Bedevil - Non installarla

28/02/2018 11:00

Marco Filipazzi

Recensione Film,

Bedevil - Non installarla

Un cyber horror, non troppo riuscito

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Conclusa la visione di un film come Bedevil - Non installarla l'unica domanda che resta a ronzare nella testa è Perché? Perchè si producono film del genere? E soprattutto, perché prodotti for dummies come questo riescono a trovare florido mercato qui in italia, venendo tradotti e distribuiti direct-to-video in edizioni di lusso o approdando persino nei cinema? Esiste qualcuno che si spaventa (e che apprezza) film del genere?


Bedevil - Non installarla si colloca nel moderno sottogenere cyber, ovvero film (per lo più horror e thriller) che utilizzano come principale ingrediente la tecnologia. Smarthphone, videochat, social network, cyberbullismo o (come in questo caso) app. Megan is missing, The Den, Don’t hang up sono solo alcuni degli ottimi film che orbitano attorno a questo tema ma che, al contrario di Bedevil - Non installarla, non hanno trovato distribuzione ufficiale. Per poterli visionare si deve scavare nella distribuzione ufficiosa e sperare di trovarli in qualche anfratto della rete con sottotitoli italiani.


Per Bedevil - Non installarla i fratelli Vang (registi, autori della sceneggiatura e produttori) mutuano l’idea di Scream di Wes Craven, attualizzandola ai tempi dello smarthphone. Non più un maniaco dall’altro capo della cornetta, ma un applicazione tipo SIRI che inizialmente parla ai protagonisti, aiutandoli e consigliandoli, poi passa alle minacce verbali, infine proietta le loro più profonde paure nella realtà (per restare in casa Craven, qui siamo più nel territorio di Nightmare, unito alla controparte cartacea di It, dove il boogeyman impersonifica letteralmente la paura stessa).


Le mire dei Vang appaiono ambiziose: un horror di denuncia sociale che vuole mettere in guardia i giovani dai pericoli della tecnologia moderna; che alterna bubusettete annacquati a lunghi dialoghi intrisi di dramma adolescenziale. In Bedevil - Non installarla tutto sa di già visto, ogni situazione soffre di un senso di deja-vu che ammazza anche lo spunto più originale che si trova alla base della storia (un’app che uccide le persone). Il tono da dramma di denuncia si perde nella banalità più assoluta, diluito da sequenze horror che (ancora una volta!) vorrebbero essere James Wan, ma ovviamente non ci riescono.


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