Francia, 1919: Prescott (Tom Sweet) è un bambino di dodici anni, figlio di un importante consigliere (Liam Cunningham) che lavora per il Presidente degli Stati Uniti Thomas Wilson, con cui sta elaborando i Trattati di Versailes. Trasferitosi dall'America all'Europa assieme ai genitori, Prescott inizia ben presto a mostrare comportamenti ambigui e rabbiosi, mettendosi in conflitto con la madre (Berenice Bejo).
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Presentato nella sezione Orizzonti alla 72° Mostra del Cinema di Venezia e liberamente ispirato a un racconto di Jean-Paul Sartre nel 1939 e al romanzo Il mago dello scrittore inglese John Fowles del 1965, L'infanzia di un capo è l'opera d'esordio dell'attore statunitense Brady Corbet. Dopo un incipit che assegna il contesto storico della vicenda, con immagini di repertorio del Primo Dopoguerra, L'infanzia di un capo si mostra fin dalle prime battute come un dramma inquieto dalle atmosfere disturbanti.
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Diviso in quattro atti narrativi, che simboleggiano l'evoluzione oscura del protagonista, Brady Corbet si dedica a una messa in scena elegante e curata. Evita l'immaginario storico patinato e mostra con placida irrequietezza la nascita del Male sia attraverso gli occhi e il corpo del giovane protagonista, sia attraverso la trasformazione ambigua dei rapporti tra le persone e l'ambiente circostante. Un film sulla caduta morale di un'anima pura e sull'inevitabilità del maligno.
Nonostante alcuni riferimenti a un probabile contesto e mito politico, L'infanzia di un capo sembra appropriarsi in modo netto di una propria identità filmica, che sa guardare alla perdita dell'innocenza, alla mancanza d'affetto e all'arrivo dell'oscurità con modi contrastanti rispetto a ciò che viene messo in scena. Brady Corbet forse non spinge troppo su una scrittura elaborata, lasciando dubbi e sfumature irrisolte. Il film offre inoltre il fianco a qualche lungaggine non necessaria, frutto di una sceneggiatura non completamente centrata. Ma L'infanzia di un capo è un interessante oggetto cinematografico, volutamente fumoso, affascinante e sicuramente inquietante. L'esordiente regista riesce a regalare notevoli momenti di tensione, soprattutto nel climax drammatico del terzo atto, mostrando il definitivo passaggio dall'ingenuità all'odio.