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The Void - Il vuoto

11/05/2018 11:00

Marco Filipazzi

Recensione Film,

The Void - Il vuoto

Ritmo serratissimo e tensione

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L’orrore cosmico. La paura dell’ignoto. Il terrore sconfinato che nasce da qualcosa che va al di là dell’umana comprensione, qualcosa di talmente antico da valicare i concetti stessi di tempo, spazio e vita. Sono questi i cardini su cui si fonda l’intera filosofia e bigliografia di Howard Phillips Lovecraft, uno dei capisaldi del genere, maestro indiscusso che è riuscito a reinventare il concetto stesso di “orrore” donandogli un respiro più ampio. Molti registi (soprattutto negli anni ’80) si sono approcciati alle sue opere cercando di trasporle sul grande schermo: nella maggior parte dei casi, o hanno fallito miseramente o hanno dovuto tradire in maniera spudorata il materiale d’origine. Re-Animator di Stuart Gordon prende solo spunto dal racconto Herbert West, rianimatore”, così come La fattoria maledetta usa come canovaccio Il colore venuto dallo spazio. Per assurdo le pellicole più intrise d’immaginario lovecraftiano non sono quelle “basate su” bensì “ispirate a”: opere di registi e sceneggiatori che usano la sterminata mitologia del Solitario di Providence per costruire storie originali che si muovono all’interno di essa. La città dei mostri di Roger Corman, The Brood – La covata malefica di David Cronenberg, la “trilogia della morte” di Lucio Fulci, Road to L. di Federico Greco e Roberto Leggio, sino alle summe massime del cinema carpenteriano: Il signore del Male e Il seme della follia ma anche, tangentemente, La cosa.


Proprio da alcuni topoi del cinema di John Carpenter (un luogo abbandonato dove i protagonisti sono assediati) prende l’avvio The Void - Il vuoto, opera di Steven Kostanski e Jeremy Gillespie che hanno lavorato come effettisti prostatici a qualsiasi film recente (It, Suicide Squad, Crimson Peak, Clown, la serie TV di Hannibal) e qui alla loro terza prova dietro la macchina da presa dopo quella bomba di Father’s day e quel capolavoro di Manborg.


Un gruppo di sconosciuti si ritrova all’interno di un ospedale rurale prossimo alla chiusura, senza la possibilità di uscire perché assediato dagli adepti di uno strano culto assetato di sangue. Anche all’interno della struttura però inziano a verificarsi inquietanti eventi come morti che ritornano in vita o corpi che mutano in aberrazioni di carne.


Il film non si perde in lunghe chiacchiere o tediose spiegazioni; parte veloce come un treno, presenta i personaggi e dà il quadro della situazione senza sprecare non più di 15 minuti per poi concentrarsi sull’azione pura. Mantiene un ritmo serratissimo e una tensione che non avverte mai alcun cedimento, il tutto mettendo in scena l’orrore lovecraft di cui parlavamo in apertura. La fotografia cupa, fatta di neri e azzurri, e la colonna sonora martellante ed ossessiva (proprio come nelle miglior tradizione di Carpenter) sono la cornice perfetta a una messa in scena scarna, in cui i registi riversano tutto il loro amore per uno specifico filone horror degli anni ’80. Quello più truculento e borderline, fatto di corpi che si deformano e immagini di violenza estrema mostrate senza vergogna all’occhio della telecamera. La CGI è ridotta al minimo, usata solo in poche inquadrature “cosmiche”; tutto è rigorosamente creato grazie a lattice e protesi che conferiscono una fisicità incredibilmente reale ai mostri del film, tripudi tentacolari grondanti bava limacciosa e sangue. Sono talmente fisici che sembra quasi possibile toccarli, avvertirne il puzzo putrescente, come se il confine che separa il film dallo spettatore si sfocasse.


Sicuramente The Void - Il vuoto non è un film per tutti i palati, proprio per questa sua connotazione di nicchia, ma saprà farsi amare dai cultori, insinuandosi sotto la loro pelle e attecchendo come un Antico. Gli ultimi venti minuti sono di una bellezza delirante che riesce a far confluire Lovecraft e Clive Barker, incanalandoli in un fortissimo eco fulciano al punto che riusciremo quasi a udire, impalpabili e lontanissime, le parole «E ora affronterai il mare delle tenebre, e ciò che in esso vi è di esplorabile» come se provenissero da un anfratto sperduto nell’infinità del cosmo.


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