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XX - Donne da morire

15/09/2017 11:00

Marco Filipazzi

Recensione Film,

XX - Donne da morire

Un'antologia horror, tutta al femminile

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Negli ultimi anni le antologie a tema horror stanno vivendo una specie di secondo rinascimento, dopo il periodo d’oro avuto a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 e nel successivo ventennio segnato dal loro declino prima e dall’oblio poi. Con i due (e mezzo) ABCs of the death, la trilogia di V/H/S e i recenti Southbound e Holidays, i prodotti di questo tipo sono ritornati in voga, specialmente nel circuito indie, complice il fatto di poter donare ai registi la totale libertà creativa e mantenere i costi abbastanza contenuti.


Grazie a operazioni simili, i produttori possono permettersi di unire registi noti ad altri pressoché sconosciuti, facendo diventare il film una vera e propria vetrina del genere e appuntamento più o meno imperdibile per gli appassionati. Prendiamo ad esempio ABCs of the death: un'antologia composta da 26 minimetraggi, uno per ogni lettera dell’alfabeto, ognuno con una durata tra i 3 e i 5 minuti e un budget massimo di 5.000 dollari. Tra i nomi che si susseguono troviamo quelli noti di Ti West, Adam Wingard, Xavier Gens, accanto ai meno noti di Timo Tjahjanto (uno dei due Mo Brothers, indiscusso re del corto più disturbante!) sino a sorprendenti sconosciuti come Thomas Cappelen Malling che firma uno dei corti più divertenti visti di recente.


XX – Donne da morire si accoda alle antologie sopra: è l’ultimo arrivato ma, sin dal titolo, mostra una caratteristica peculiare: è un antologia horror tutta al femminile. E la curiosità attorno a essa si era creata soprattutto per questo fattore, dato che il genere non è molto praticato dal gentil sesso, che solitamente appare davanti alla macchina da presa come vittima o scream-queen piuttosto che dietro di essa nei panni di autrice o regista.


Una cornice fatta in animazione in stop-motion a base di bambolotti tanto inquietanti quanto onirici, opera di Sofia Carrillo, unisce i quattro episodi che compongono l’antologia con un sottile fil-rogue che di volta in volta anticipa le tematiche che verranno affrontate. Con poche inquadrature, utilizzando in modo sapiente luci e colori, la Carrillo affresca quadri d’inquietante bellezza che paiono una commistione tra il primo Tim Burton e l’angoscia dei fratelli Quay. Arruolate come narratrici dei quattro episodi invece troviamo, nell’ordine: Jovanka Vuckovic, promotrice del progetto, che firma The Box, in cui la classica famiglia borghese viene lentamente contagiata da una strana mancanza d’appetito; Annie Clark, che in The Birthday Cake racconta di una madre alle prese con i preparativi della festa di compleanno della figlia e gli sforzi per nasconderle in tutti i modi il decesso del padre; Roxanne Benjamin, che ci regala Don’t fall, l’episodio più spassoso, meno psicologico e di sicuro il più sanguinario (girovagando per il deserto ci si può imbattere in strane maledizioni e pericolosi incontri); chiude l’antologia Karyn Kusama (che tra le autrici è quella con il nome più rilevante, regista di Jennifer’s Body e The Invitation) con il suo Her only living son, in cui racconta il teso rapporto tra una madre e il figlio adolescente.


Nel complesso è lampante come le tematiche horror vengano affrontate più sul piano emozionale che su quello visivo della violenza e del sangue come più facilmente si è portati a pensare quando si parla di questo genere. Fatta eccezione per Don’t fall, XX – Donne da morire si appoggia a una gamma di emozioni viscerali che spaziano dall’angoscia al malessere, giocando tutto sul piano del terrore non detto e non mostrato. Un’antologia horror più psicologica che fisica, che rimarca la natura femminile dell’opera mettendo al centro di ogni episodio la figura della donna in varie declinazioni (soprattutto come madre e matriarca), declinando la parola “orrore” a uno stato più intimo, rendendo così il tutto più inquietante. Attaccando il nostro inconscio, il senso di disagio e angoscia permane anche una volta terminata la visione e spento lo schermo, lasciando lo spettatore abbandonato, in compagnia solo di questi demoni.


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