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Jukai - La foresta dei suicidi

24/09/2017 10:00

Marco Filipazzi

Recensione Film,

Jukai - La foresta dei suicidi

Un horror psicologico con la star di Game of Thrones, Natalie Dormer

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Jukai in giapponese significa letteralmente “mare di alberi”: è il soprannome della foresta di Aokigahara, un’area boscosa che si estende per 35 km quadrati ai piedi del Monte Fuji. Diventata tristemente nota al mondo anche come “Foresta dei suicidi”, vi sono casi documentati sin dal 1800, quando donne ammalate si recavano nella foresta a lasciarsi morire. Attualmente detiene una media di circa 30 suicidi all’anno, un numero spaventoso che rivaleggia solo con quello del Golden Gate Bridge di San Francisco. E mentre al ponte e alle sue vittime è stato dedicato l’agghiacciante documentario The Bridge – Il ponte dei suicidi diretto da Eric Steel nel 2006 (un pugno nello stomaco da vedere solo quando si è di ottimo umore), sono molteplici le pellicole che si ispirano a Jukai, complice il fatto che l’inquietante storia si presta bene a essere infarcita di folklore orientale. Dal 2013 a oggi abbiamo avuto il discutibile Grave Halloween di Steven Monroe (che aveva fatto un ottimo lavoro con il remake di Non violentate Jennifer e ancor meglio con il relativo sequel), La foresta dei sogni di Gus Van Sant che aveva persino sfiorato la Palma d’Oro a Cannes e infine Jukai - La foresta dei suicidi, che arriva in italia in questi giorni ma che in patria è uscito a gennaio dello scorso anno.


Dopo la sua pirotecnica uscita di scena ne Il trono di spade, Natalie Dormer è la protagonista di questo film: interpreta una donna che si reca in Giappone per ritrovare la gemella scompara. L’ultima volta che è stata vista era ad Aokigahara e da quel momento sembra essere stata inghiottita dal folto della foresta.


Il regista Jason Zada – qui al suo debutto alla guida di un lungometraggio – vorrebbe percorrere il sentiero tracciato da James Wan in questi ultimi anni, basando il film su una solida costruzione psicologica dei personaggi, per poi giocare con suggestioni e inquietudini. Peccato che smarrisca presto la strada e si perda nell’intrico della foresta, gettando anche le (poche) buone idee in pasto a banali bubusettete. E un po' dispiace, perché nella prima mezz’ora qualche intuizione e delle scene ben costruite ci sono e fanno ben presagire. Come quando la protagonista viene condotta in una specie di seminterrato/obitorio da una vecchina che, con candore, le racconta storie sugli yurei, gli "spiriti arrabbiati"; o quando lei si imbatte in un gruppo di ragazze in fuku, la divisa scolastica giapponese, che ridendo si inoltrano tra gli alberi. Inquietudini sottili che sussurrano nell’orecchio dello spettatore facendolo sentire a disagio. Ma quando il film dovrebbe incalzare non riesce a tenere il giusto ritmo e tutto crolla sotto una sceneggiatura fiacca e priva di logica. Anche il colpo di scena, che viene svelato poco prima del finale, sembra essere stato inserito solo per sbalordire lo spettatore: in realtà è privo di una logica coerente e non viene giustificato in nessun modo. Per alcuni forse questa mancanza di motivazione potrà anche sembrare una mossa vincente, ma in un film che pone le proprie basi sulla psicologia tormentata dei personaggi e sul concetto intrinseco di “tristezza” (concetto peraltro solo accennato e mai veramente sfruttato) è una nota a dir poco stonata.


In definitiva Jukai - La foresta dei suicidi risulta essere un film abbastanza piatto e a tratti prevedibile, che punta tutto sullo spavento facile ma spesso fallisce anche su questo fronte. Per l’appassionato di horror è assolutamente trascurabile e inevitabilmente resta l’amaro in bocca per il fatto che pellicole così anonime approdino a una distribuzione ufficiale mentre gioielli che meriterebbero più visibilità rimangano nascosti negli anfratti di quella ufficiosa.


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