India e Pakistan sono oggi nazioni riconosciute e importanti nello scacchiere asiatico, ma la loro genesi rimanda a un dopoguerra drammatico e doloroso, durante il quale morirono un milione di persone e altri quattordici milioni furono protagonisti della più grande migrazione della storia dell’uomo. Inviato dal Governo Britannico come ultimo Vicerè, incaricato di gestire la transizione da colonia a nazione libera dell’India, Lord Mountbatten (Hugh Bonneville) si trova di fronte a una situazione di sempre crescente tensione fra Hindu, Sikh e Mussulmani. Le soluzioni sul tavolo del Vicerè si limitano alla creazione di uno stato unico che veda convivere tutti, nonostante le reciproche inimicizie; oppure la creazione di un secondo stato, il Pakistan, che raccolga i territori a maggioranza musulmana. Gli sforzi profusi da Mountbatten e sua moglie Edwina (Gillian Anderson) per comprendere il paese e di conseguenza per determinare quale sia la strada migliore da seguire, si riveleranno superflui alla luce di un accordo precedentemente stipulato da Churchill con il leader musulmano Jinnah per la creazione del Pakistan. Se la storia è già scritta, il film diretto da Gurinder Chadha si pone come interessante resoconto di una pagina drammatica quanto in fondo poco nota e approfondita. Almeno in Occidente. I fatti reali vengono raccontati in alternanza con una storia d’amore che vede protagonisti uno dei servitori personali di Mountbatten, l’hindu Jeet (Manish Dayal), e l’assistente musulmana della figlia del viceré, Aalia (Huma Qureshi), il cui rapporto è messo in crisi dalle evoluzioni storiche che i due vivono in prima persona. Raccontato con una regia molto semplice, che poco o nulla concede alla spettacolarità , Il palazzo del Vicerè deve il suo potenziale d’interesse al tema che tratta, avvincente nella sua drammaticità sia da un punto di vista storico politico che da un punto di vista emotivo e umano. Alle sequenze girate si intervallano anche documentari dell’epoca, che si integrano efficacemente nel tessuto del film. La scelta di una messa in scena semplice ed estremamente chiara denuncia le intenzioni della regista, toccata sul piano familiare dagli eventi che descrive. Il palazzo del Vicerè risulterà una discreta visione per quanti siano interessati all’argomento o, più in generale, trovino affascinanti i racconti sulla storia recente dell’uomo. Per tutti gli altri spettatori, la visione di questo film non necessita per forza del grande schermo per essere apprezzata.