Roberto Rossi è disoccupato, gli hanno pignorato la casa ed è stato lasciato dalla fidanzata. A questo punto, l’uomo – sull’orlo del fallimento – si reca in banca per chiedere un prestito ma, per una serie di coincidenze, viene scambiato per un rapinatore e si affrettano a consegnargli una borsa piena di soldi. Il denaro in questione, però, non appartiene alla banca. Così, Rossi e il suo migliore amico BB si ritroveranno perseguitati da una dark lady assetata di vendetta e da un poliziotto corrotto. A questa insperata fuga, si unisce una giovane attrice caduta in disgrazia, che spera nello scoop mediatico per risalire la china. Un insieme di nemesi che farà da apripista all’imprevedibile. Marco Ponti, in questo suo ultimo lavoro, sembra essere stato influenzato dal più recente e riuscito cinema italiano "di genere" come Lo chiamavano Jeeg Robot, Smetto quando voglio e Brutti e cattivi. Completamente assuefatto dall’action comedy, Ponti ripropone una regia dinamica e uno stile piuttosto moderno. Quel che manca a Una vita spericolata è una drammaturgia che sia in grado di far procedere il film attraverso una propria rotta ben definita. C’è sempre l’impressione di assistere a un medley di vari prodotti, tutti già visti. Non c’è una vera e propria caratterizzazione, la sceneggiatura langue fino ad annegare nella prevedibilità . Non è bastato il volto e l’intraprendenza di Matilda De Angelis e neanche un attore come Massimiliano Gallo a far decollare un film che si ancora quasi sempre attorno allo stereotipo, forse per paura di osare. Di spericolato, in questo film, c’è solo il titolo: gli inseguimenti terminano con una sgommata di troppo e le pistole s’impugnano senza senso in maniera trasversale. Un Miami Vice in salsa romana. Marco Ponti veniva da esperienze come La cena di Natale e Io che amo solo te, in cui si presentavano le stesse criticità : regia ben fatta, a fronte però di una storia tirata per le lunghe. Stavolta le incongruenze si palesano via via nei vari personaggi, costretti a uno sforzo immane per tenere saldo il confine tra surreale e illogico. Quel che ne deriva è una buona intuizione tramutata, ma che non emoziona e finisce con l’annoiare. Una commedia che attinge da una fonte in cui molti hanno bevuto in tempi non sospetti. Ecco perché, seppur col favore dell’estate, Una vita spericolata non può certo considerarsi una ventata d’aria fresca per il nostro cinema.