In Hunting Season, bella opera prima della regista argentina Natalia Garagiola, vincitrice a Venezia della 32ª Settimana Internazionale della Critica, la distanza che separa Nahuel con il padre Ernesto è abissale. Sia dal punto di vista fisico - il giovane abita a Buenos Aires mentre l’uomo vive a migliaia di chilometri di distanza in Patagonia - sia dal punto di vista affettivo: Nahuel, infatti, non considera più Ernesto suo padre da tempo, da quando cioè lo aveva abbandonato per rifarsi una famiglia nel sud del paese. Alla morte della madre, però, Nahuel, è obbligato a riallacciare i contatti con il genitore lasciando Buenos Aires (e Bautista, il compagno della madre che, di fatto, considera il suo vero padre), iniziando un viaggio soprattutto interiore, che lo porterà a contatto con un passato che vorrebbe rimuovere. I rapporti con Ernesto, esperto cacciatore, sono da subito tesi; l’uomo è duro, privo di slanci affettuosi nei confronti sia di Nahuel, sia della sua famiglia. A rendere ancora più sofferta la vita al ragazzo è l’ostilità dell’ambiente nel quale si è trasferito. Un ambiente chiuso costretto nel freddo inverno del sud dell’Argentina, al quale si associa il gelo dei rapporti che si instaurano con il padre, la sua compagna e le figlie avute dal secondo matrimonio e con i coetanei del luogo, con i quali Nahuel non riesce a entrare in sintonia. Un’immagine disperata di una gioventù, nella quale i rapporti sono sempre mediati dall’alcol che scorre a fiumi, strumento utile a sopire l’insoddisfazione del vivere in luoghi verso i quali l’unico desiderio è quello di fuggire lontano. Eppure un riavvicinamento, per quanto inizialmente improbabile fra padre e figlio, sembra possibile attraverso la caccia, attività virile alla quale Nahuel viene iniziato da Ernesto. Ma la difficoltà del giovane ad accettare la figura paterna è grande: apparentemente insormontabile per un ragazzo che ha perso nel volgere di poco gli affetti più cari. Natalia Garagiola si avvale della fotografia di Fernando Lockett per esaltare gli spettacolari panorami della Patagonia e mettere in risalto, al tempo stesso, la profonda solitudine degli uomini. Hunting Season è un film declinato soprattutto al maschile; le donne appaiono sbiadite, di contorno. Una scelta, questa, voluta per dare ancor più risalto alla durezza e al malessere dei personaggi. La macchina da presa contribuisce a questa sensazione seguendo, spesso con primi piani e con riprese frenetiche e vorticose, il profondo tormento di Nahuel (interpretato da un ottimo Lautaro Bettoni). Tutto il film è un viaggio iniziatico. Sia per Nahuel, che si troverà, nel passaggio all’età adulta, a dover fare delle scelte dalle quali non potrà più tornare indietro, sia per Ernesto (interpretato da Germán Palacios) che lentamente riuscirà a farsi accettare dal ragazzo per arrivare, solo nel finale, a chiamarlo «figlio mio».