Tarik Saleh, regista e sceneggiatore di Omicidio al Cairo, è nato a Stoccolma. L'attore che interpreta poliziotto Noredin, il protagonista, è lo svedese Fares Fares, originario di Beirut. La produzione del film nasce dalla collaborazione fra Danimarca, Svezia, Germania e Francia. Forse sta anche in questo il fascino ambiguo di Omicidio al Cairo che, dalla giusta distanza, racconta il contesto drammatico della rivoluzione egiziana del 2011: un film capace di risultare disturbante e al contempo totalmente seducente. Non per nulla tre giorni prima di iniziare le riprese, la sicurezza di Stato egiziana ha negato al cast ogni tipo di permesso e la produzione è stata costretta a spostarsi a Casablanca. Ma Tarik Saleh è riuscito ugualmente a riprodurre l’anima del Cairo, con le sue strade spoglie, gli edifici corrosi, i volti disillusi, il cinismo di certe consuetudini. Anche Noredin, ufficiale di polizia, sembra disilluso e cinico. Non meno corrotto degli altri. Ma il cadavere della giovane e bellissima cantante Lalena, riverso sul pavimento di una stanza del lussuoso Hotel Hilton, fa lentamente riaffiorare in lui ricordi e lo spinge a fare il suo mestiere: trovare il colpevole. La voce della cantante morta, ascoltata in macchina, è la colonna sonora - le musiche sono di Krister Linder- che aleggia nel film come un fantasma. L'indagine riguarderà l'élite di potenti vicinissima al Presidente Hosni Mubarak, uomini considerati "intoccabili". Omicidio al Cairo è ispirato a una storia realmente accaduta: l’assassinio, nel 2008, della famosa cantante libanese Suzanne Tamim, nel quale furono coinvolti un uomo d’affari egiziano e un membro del Parlamento. La vicenda generò molto scalpore in Egitto perché gli indagati erano vicini alla famiglia di Mubarak. Il regista arricchisce la vicenda, già politica, inserendola in un contesto decadente che porta alla rivoluzione; un tentativo di rinnovamento politico e sociale dopo un regime trentennale. La polizia, in quell’occasione, ebbe l’ordine di sparare sulla folla. Omicidio al Cairo risulta un thriller che ha l’eleganza di un noir ma ricorda i film politici e polizieschi degli anni '70, nella scarna crudezza e nel tentativo di raccontare una verità (opere che in Italia portavano le firme di Francesco Rosi ed Elio Petri). Se l’attore Fares Fares possa paragonarsi a Gian Maria Volontè è difficile a dirsi: l’attore svedese mantiene uno spaesamento e un’ambiguità contraddittoria che rendono il suo volto una maschera profondamente umana.