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Free Fire

26/01/2018 12:00

Roberto Semprebene

Recensione Film,

Free Fire

Una sparatoria in stile anni 70, un po' Scorsese e un po' Tarantino

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Nella Boston degli anni '70, Chris (Cillian Murphy) e Frank (Michael Smiley) devono incontrare dei trafficanti d’armi per conto dell’IRA. L’incontro è stato organizzato con l’aiuto della bella Justine (Brie Larson) e del mediatore Ord (Armie Hammer), mentre le controparti sono rappresentate dal venditore sudafricano Vernon (Sharlto Copley) e dal suo socio Martin (Babou Ceesay). Fin dall’inizio lo scambio non sembra porsi nel migliore dei modi, e le cose non possono che peggiorare: non solo le armi richieste non corrispondono a quelle fornite, ma esiste un precedente importante fra Stevo (Sam Riley), tossicodipendente alle dipendenze di Chris e Frank, e Harry (Jack Reynor), autista della banda di Vernon. In questa polveriera basta una piccola scintilla per innescare una sparatoria dagli esiti disastrosi.


Proprio la sparatoria è l’oggetto del film, e impegna almeno 70 dei 90 minuti di cui si compone il film. L’impianto è quello da pulp-noir che trova in Quentin Tarantino il suo massimo esponente, ma rimanda in modo palese anche a Guy Ritchie per le derive surreali e a Martin Scorsese - che del film è anche produttore esecutivo - per il contesto di riferimento. Per quanto Free Fire non brilli di luce propria, risulta comunque un prodotto d’intrattenimento divertente: i dialoghi, le sparatorie e i colpi di scena si mescolano creando un’alchimia a volte dissonante, ma complessivamente efficace. Diverte il modo in cui in più di un’occasione i vari protagonisti sembrino partecipi di una situazione che, a dispetto di proiettili andati più o meno a segno, viene vissuta come una specie di gioco, con tanto di – vane – richieste di time out e dialoghi demenziali.


Quest’impostazione tarantiniana è probabilmente la maggiore forza e la maggiore debolezza di Free Fire: chi ama il genere si divertirà, ma non troverà il film sufficientemente estremo e lo giudicherà a volte un po’ lento; per chi non è appassionato di questo stile il gradimento sarà pari a zero. A vincere sarà probabilmente lo spettatore occasionale senza troppe aspettative, che sfrutterà lo spunto di un paio di battute riuscite e la curiosità quasi perversa di vedere come possa mai finire questa storia, per tenere occupata un’ora e mezza di un pomeriggio piovoso.


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