Sarah (Madelaine Petsch) e Linda trovano in un vecchio scatolone la vecchia macchina fotografica a stampa instantanea (la Polaroid che dà il titolo al film) della madre di Sarah, ormai defunta. Per piacere a un ragazzo, Sarah chiede a Linda di farle una foto: nello scatto che esce, però, a fianco di Sarah appare un'inquietante ombra nera. Rimasta sola nella grande casa in cui abita, Sarah dovrà fare i conti con lo spirito che abita la Polaroid. Quando la macchina finisce nelle mani di Bird (Kathryn Prescott), liceale timida e impacciata con la passione per la fotografia, la ragazza comprende che l'oggetto è posseduto. In un mondo ormai dominato dalle immagini dei social e bombardato dai selfie, la fotografia analogica è ormai una rarità, un pezzo di antiquariato... proprio come la macchina protagonista del film. Gli obiettivi sono sempre rivolti verso le nostre facce, e non più verso gli altri: ma Bird è l'eccezione che conferma la regola; per lei fotografare non è mettersi in mostra, ma osservare ciò che la circonda. E sarà proprio questa caratteristica che la salverà dalla morte, dal momento che lo spirito che possiede la Polaroid uccide solo chi viene fotografato. Riprendendo, se vogliamo, una vecchia leggenda per cui a chi viene fatta una foto viene rubata l'anima, Polaroid rende conto della battaglia tra analogico e digitale, tra lo scatto e il selfie. Il nemico che reagisce a luci e ombre può essere battuto solo attraverso la passione e la conoscenza fotografica di Bird. Come ogni horror estivo che si rispetti, Polaroid è un film pieno di clichè e trovate narrative, appositamente create per fare saltare gli spettatori sulla poltrona. Forse anche un po' troppo, dal momento che dopo il terzo spavento le idee diventano ripetitive e la musica sembra quasi annunciare la comparsa del mostro. L'amore adolescenziale, la protagonista nerd con un oscuro passato, le grandi case vuote, le luci che non vengono mai accese (il buio mette in difficoltà anche gli spettatori!): gli stereotipi dell'horror sono troppi. Neanche il continuo uso del plot twist per ravvivare l'attenzione e la piccola parte di Grace Zabriskie, attrice feticcio di David Lynch, consentono al film di decollare. Il finale non è scontato ma nemmeno avvincente. L'operazione nostalgia, che da qualche anno a questa parte sta invadendo il cinema, qui viene attuata utilizzando come "oggetto indemoniato" la cara vecchia Polaroid. Ma non è abbastanza. L'horror perfetto per una calda serata estiva in compagnia di amici... ma nulla di più.