Luciano De Crescenzo, nato a Napoli, dopo vent’anni di lavoro alla IBM in qualità di ingegnere, riscopre e coltiva, negli anni Settanta, la sua passione letteraria diventando col tempo uno dei massimi esponenti del settore. Le sue opere hanno dato vita a film, idee, spunti. De Crescenzo è un misto di capacità e autoironia, sostenuto da una vasta cultura e competenza, coltivata grazie ai suoi studi, al servizio del nostro Paese. Patrimonio italiano riconosciuto e raccontato in un documentario ficcante e puntuale. Così parlò De Crescenzo è l’omaggio che il regista Antonio Napoli fa a uno degli artisti più interessanti del nostro Paese. Sicuramente Luciano viene descritto come un uomo facente parte della “vecchia scuola”, dove i letterati non godevano immediatamente di grande credibilità. Infatti, si (ri)scopre scrittore piuttosto tardi, dopo vent’anni di IBM, con una laurea in ingegneria che gli aveva permesso di presentarsi sul lavoro col massimo della qualifica. Arrivato a diventare dirigente aziendale, si rende conto – per fortuna sua e nostra – che non era abbastanza. Come pochi fanno, Luciano ha scelto di guardarsi dentro e di fare i conti con le proprie passioni senza scendere a patti. La sua vera vocazione è la scrittura, la divulgazione di intenti e intenzioni. Da buon napoletano, ha sempre avuto una forte autoironia, sommata a una spiccata sensibilità, che gli ha permesso di carpire umori, vizi e virtù di ciò che aveva intorno. Ha restituito, tra il 1977 e il 2000, la napoletanità alla portata di tutti: quasi un marchio da esportare. Grazie a Maurizio Costanzo, padrino della sua opera prima, uscì quello che divenne un caso letterario (e poi anche un film) internazionale: Così parlò Bellavista vende più di 600.000 copie, riuscendo ad approdare anche all’estero. A questa seguono altre 24 opere, per un totale di 18 milioni di copie nel mondo, che consacrano De Crescenzo autore internazionale e garanzia italiana. Questi numeri, che fanno spavento per la loro vastità, vengono riassunti in poco più di un’ora, dentro a quello che è un atto dovuto – in forma documentaristica – nei confronti di una figura così preponderante. Luciano De Crescenzo ha trasformato i luoghi comuni sul sud in miti da rappresentanza, dimostrando quanto valore si celi dietro determinati atteggiamenti, accompagnati da precise sonorità e suggestioni. Il savoir faire di un compositore scaltro, come continua ad essere Luciano – così lo chiamano i compagni di sventura Renzo Arbore e Marisa Laurito – è rappresentato attraverso testimonianze ilari e toccanti di alcuni dei suoi colleghi: il compianto Bud Spencer, Isabella Rossellini, Lina Wertmüller, Marina Confalone e Benedetto Casillo. Questo documentario è per tutti, eppure conserva un’intimità quasi maniacale. Particolare che non può sfuggire soprattutto quando si affronta il tema della malattia che ha colpito il Maestro: la prosopagnosia, che non gli permette di riconoscere i volti delle persone conosciute. Così parlò De Crescenzo è un punto fermo da cui chi è appassionato al repertorio dell’autore può ripartire, ma è anche e soprattutto un’occasione per i più giovani di poter conoscere un caposaldo della scrittura e della cinematografia. Perciò, con l’uscita del film, la Bunker Hill ha lanciato l’iniziativa del "biglietto sospeso": a Napoli, mostrando in biglietteria la copia di un quotidiano con la data del giorno, sarà possibile ricevere un biglietto omaggio o lasciarne uno sospeso per uno spettatore o un amico.