
The Party gioca, fin dal titolo, sull’ambivalenza della parola, che in inglese indica sia «la festa», la piccola riunione fra amici per festeggiare la nomina di Janet a ministro-ombra della Salute per i labouristi, che il «partito» politico. Sarà infatti questa parola - elegante, sagace, ironica, ambigua, doppia ed equivoca - a diventare protagonista di una commedia intellettuale, divertente e vagamente noir, presentata in concorso alla 67ª edizione del Festival di Berlino e vincitrice del meritato Guild Film Prize. Cos’altro ci si poteva aspettare dall’eclettica e sensibile regista britannica Sally Potter, dopo Orlando, tratto dal libro di Virginia Woolf, e Ginger & Rosa, se non un film originale, innovativo e intelligente? Kristin Scott Thomas è Janet, la protagonista, affiancata da un cast formidabile e tragicamente spassoso. Lei e il marito Bill (Timothy Spall) hanno invitato i loro amici per festeggiare la sua nomina politica, ma l’allegria cede quasi subito il posto all’inquietudine e la formalità scivola in un dissonante delirio. Infatti ognuno di loro nasconde un segreto, a partire dagli improbabili coniugi Patricia Clarkson, cinica e sferzante, e il naturopata tedesco Bruno Ganz. Mentre l’altra affiatata (?) coppia Emily Mortimer/Cherry Jones si prepara a dare un’annuncio, l’amico Cillian Murphy - una bomba a mano narrativa - sfoga l’ira repressa nel bagno dell’appartamento, nascondendo una pistola. Tutto ciò che sembra inizialmente vero, si rivela diverso dal previsto. Diventa chiaro che il film ruota attorno a un concetto di verità che va via via sfilacciandosi; una verità che se è impossibile da rintracciare nella politica, lo è ancor meno nella vita privata. La scelta di girare tutto il film in bianco e nero è stata motivata dalla regista in virtù di una ricerca profonda che non lascia spazio alle distrazioni e aiuta ad astrarre le emozioni, seguendo il pensiero della scuola russa: la fotografia è infatti di Aleksei Rodionov, che già aveva curato la fotografia di Orlando. L’impostazione della commedia è teatrale, nell’unità di luogo, totalmente ambientata in uno spazio domestico. Il pensiero va a Carnage di Roman Polanski, anch’esso teatro di alterchi borghesi, capaci di tingersi sempre più di nero, trasformando la buona conversazione in una violenta rissa. Ma l'intento di Sally Potter non è teatrale e nasce da un'indagine accurata dei caratteri (degli attori e dei loro personaggi), delle loro potenzialità e alchimie. Il suo film funziona proprio come un concerto musicale: parte dall'accordo degli strumenti, per arrivare al concerto finale, dove tanti diverse sinfonie vengono messe in scena, per cercare la nota giusta che risvegli la vitalità , il divertimento e la curiosità dello spettatore.