In concorso alla Festa del Cinema di Roma l’ultimo lavoro di Pablo Berger, già noto a molti per Blancanieves, un film che aveva affascinato il pubblico nel 2012 e che ha portato al regista la nomination all’Oscar. Abracadabra, questo è il nome della pellicola, è una commedia a tratti melò e surreale: tratta in maniera intelligente una tematica difficile da affrontare con leggerezza, quella femminile. Carmen (Maribel Verdù) e Carlos (Antonio de la Torre), sono una coppia che vive a Madrid. Il loro matrimonio sembra in una fase di stallo: lui è aggressivo e insensibile, poco attento ai bisogni della figlia e della moglie. Qualcosa cambia quando partecipano al matrimonio della nipote. Durante i festeggiamenti, Pepe (José Mota), il cugino di Carmen, chiede dei volontari per il suo numero amatoriale di ipnotismo. Carlos si propone in maniera sbruffona, ma qualcosa va storto e tutto precipita. Abracadabra, più che un titolo, è un chiaro rimando all’ambientazione in cui si troverà lo spettatore in questa pellicola. Una dichiarazione di intenti del regista, che non vuole rinunciare ai toni favolistici e agli elementi grotteschi a lui tanto cari. Abbandonato il bianco e nero per un’esplosione eccessiva di colore, Berger confeziona un racconto brillante, non esente da difetti, ma dai dialoghi notevoli. Racconta, in maniera assolutamente impercettibile e incidentale, un disagio: quello delle donne costrette in matrimoni soffocanti, vessate da mariti tirannici. Anche se il film non vuole essere questo: è un pensiero superficiale che racchiude come un incantesimo un tema delicato, senza volerlo approfondire, ma lasciandolo lì, a ipnotizzare lo spettatore. Come un incantesimo. Infatti, sebbene la narrazione si concentri sulle disavventure di un uomo che perde la propria identità a seguito di un sortilegio, sullo sfondo rimane tratto permanente una donna spezzata per una storia d’amore zoppicante, malsana, e che ha bisogno di essere curata. Con atmosfere kitsch e una dimensione spettrale, percorsa da venature pulp, Abracadabra si sveste dei panni di commedia per trasfigurarsi sempre più in un dramma. Anche se questo parziale bricolage di generi non funziona perfettamente, deragliando in diversi snodi narrativi. La scelta di parlare di un riscatto femminile in chiave ironica è il pregio più grande di un film che paga lo scotto di un barocchismo eccessivo, ma che non perde assolutamente un certo, macabro, fascino.