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Come un gatto in Tangenziale

08/05/2018 10:00

Valentina Pettinato

Recensione Film,

Come un gatto in Tangenziale

Una piccola e divertente commedia, molto social e televisiva

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La meravigliosa coppia Paola Cortellesi - Antonio Albanese torna al centro di una nuova commedia di Riccardo Milani. Dopo Mamma o papà il regista decide di affidare loro nuovamente un ruolo da protagonisti in Come un gatto in tangenziale, lavoro che mette a confronto una famiglia del centro storico romano con una della periferia, Bastogi. Giovanni (Antonio Albanese) è un professionista che lavora tra Roma e Bruxelles in un "think tank" che ha come obiettivo riqualificare le periferie urbane. La sua ex-moglie Luce (Sonia Bergamasco) vive in Provenza e si dedica alla coltivazione della lavanda. Monica (Paola Cortellesi), ex cassiera in un supermercato, con un marito in prigione, cerca di mantenere suo figlio e le sorellastre facendo turni in una mensa. Due mondi opposti: Giovanni vive in pieno centro, Monica nella periferia romana con un’alta presenza di immigrazione. Ma qualcosa in comune tra di loro c’è: i loro figli hanno iniziato a frequentarsi.


La commedia si può fare molto bene in Italia, e film come quest’ultimo lavoro di Riccardo Milani sono un tentativo. Tentativo che non sempre raggiunge il risultato sperato ma che mostra tutta la buona volontà di un gruppo di autori che hanno provato a prendere tematiche familiari al grande pubblico per proporre qualcosa di confortevole ma nuovo, che vuole semplicemente divertire. La storia, sebbene poggi sul classico racconto di contrapposizione tra ricchi e poveri, ha una struttura narrativa interessante che movimenta il ritmo mantenendolo alto quasi fino alla fine. Lo sguardo della regia non perde di vista le diverse sfumature della realtà al centro della narrazione e, con intelligenza, ne ricostruisce i personaggi, amplificandone i tratti grotteschi per enfatizzare le differenze tra i due mondi, bilanciando perfettamente i tempi comici e gli aspetti più introspettivi.


Uno degli elementi più interessanti è il ritorno del tema delle periferie, in una chiave di lettura diversa rispetto ai film recenti: privilegia il registro ironico ma intelligente, con un’attenzione alle sfumature che fa passare in secondo piano la pista narrativa sentimentale, quella più banale. I limiti del film, però, si trovano tutti all’interno di una sola delle realtà rappresentate dal regista: gli abitanti delle periferie, infatti, sono spesso descritti attraverso un uso forzato di alcuni cliché (le diverse etnie che convivono nel palazzo, i frequentatori delle spiagge di Coccia di Morto), fortunatamente annacquati in un corpo narrativo comunque ricco di dinamiche. Gli sceneggiatori (oltre al regista, Paola Cortellesi, Furio Andreotti e Giulia Calenda) riescono a portare a casa un film bilanciato, dove anche i comprimari non sono mai fuori posto o superflui: al contrario, aggiungono ulteriore ironia alla pellicola, in cui si cavalcano le perversioni del paese grazie all’omaggio ai fan di Storie maledette con il cameo di Franca Leosini.


C’è da dire che il tema dell’incomunicabilità tra classi diverse, così attuale, viene fuori inesorabilmente, pur se non in maniera definitiva. Ma non era questo probabilmente che si poteva pretendere da un film che ha edulcorato le sfumature più amare in una piacevole e sopportabile malinconia, che sul finale si sfilaccia, fino a lasciare allo spettatore una speranza. Come un gatto in tangenziale è una piccola commedia, molto social e televisiva perché sembra fondarsi proprio su temi di discussione tipici di quei canali. Che sembra assumere una posizione di indulgenza verso un certo tipo di realtà borghese che vuole forse salvare, ma che fa agire appesantita da sensi di colpa.


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