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Natale da chef

20/12/2017 11:00

Angela De Angelis

Recensione Film,

Natale da chef

Pranzo di Natale con cinepanettone avariato

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Il genere dei cinepanettoni, si sa, non ha mai incontrato il favore della critica. Ma non serve essere dei cinefili per capire che Natale da Chef di Neri Parenti rappresenta il punto di non ritorno. Ormai il genere ha fatto il suo tempo e dalla separazione del duo composto da Massimo Boldi e Christian De Sica la discesa verso il basso è stata lenta e inesorabile. Tant'è che quest'anno in sala avremo un titolo, Super Vacanze di Natale che non è neppure un vero film, ma un medley di tutte le migliori (?) gag dei successi passati. A questo si vuole affiancare Parenti, il cui film di natalizio ha solo il titolo.


Protagonista è Gualtiero (Massimo Boldi), pessimo cuoco, che insieme a un sous chef che non sente i sapori (Biagio Izzo), un sommelier astemio (Dario Bandiera) e una pasticcera che esce dalle torte alle feste invece di prepararle (Rocio Munoz Morales), viene ingaggiato dal proprietario di una ditta di catering in fallimento (Maurizio Casagrande), per perdere la gara di appalto del pranzo del G7 di Trento.


Almeno nella trama, il film ha il pregio di avere una sua originalità, distaccandosi dalla solita parata di corna, battute omofobe e donne discinte. Certo che, dopo averci portato in giro per il mondo con le varie avventure passate, il cinepanettone doveva tornare in italia per raggiungere il suo momento più basso. La caratterizzazione dei personaggi lascia davvero a desiderare, infarcita di clichè ed esagerazioni caricaturali. Il protagonista stesso, interpretato da un ormai stanco Massimo Boldi, è forse il più debole e meno divertente. Si è detto in conferenza stampa che i ruoli femminili al cinema hanno fatto un passo avanti, diventando più carismatici, furbi e determinati: certo che l'attrice più anziana, Milena Vukotic, si presta qui a un'interpretazione sfortunata come la Pina fantozziana; il trattamento riservato al suo personaggio è così avvilente e offensivo che vanifica qualunque tipo di rinnovamento.


Non parliamo poi delle battute maschiliste e ai turpi doppi sensi sulle donne (tralasciamo l'umorismo legato alla presenza nel film di una vera maialina, di nome Mia). Tra peti, fluidi corporei di ogni genere, coprofagia, doppi sensi spinti, Natale da Chef si riprende solo nel finale: almeno qui il film mette in scena una gradevole parodia comica all'improbabile G7. Anacronistico e imbarazzante, il film di Neri Parenti non riesce a strappare neanche le grasse risate che ne sono l'obiettivo.


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