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Almost Dead

06/12/2017 11:00

Marco Filipazzi

Recensione Film,

Almost Dead

Almost Dead, l'horror italiano sta tornando di moda

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L’horror italiano sta tornando di moda. Con stento e fatica, girovagando per i Festival del genere e raccogliendo consensi internazionali, ma rimanendo nella maggior parte dei casi confinati al circuito underground. Sono per lo più prodotti che non approdano mai a una distribuzione ufficiale in sala – di questo ne sono consci anche i mestieranti che investono tempo, fatica e soldi nella realizzazione dei lungometraggi – ma che per fortuna, sempre più spesso, vedono comunque uno spiraglio di luce giungendo sugli scaffali dei negozi o tramite il nuovo mercato degli store digitali. Una magra consolazione: anche se, sebbene ancora molto lontana, un poco di luce sul fondo del tunnel inizia a scorgersi.


Molti di questi film potrebbero tranquillamente competere sul mercato internazionale, e il nostro paese ne sforna di continuo sia per il grande che per il piccolo schermo – a tale proposito, è da vedere la web-serie {a href=https://www.youtube.com/watch?v=NTtnewi2weU}Herbert West{/a} di Ivan Zuccon –; peccato che siano pubblicizzati poco e male (o non pubblicizzati affatto) e che spesso, per poterli anche solo visionare, gli appassionati devono sperare in un link passato da qualche amico di amici, che per vie traverse lo ha ricevuto dal regista. Insomma, uno sforzo immane se si pensa a certi prodotti made-in-USA che approdano al cinema o sulle pay-per-view; copie di cloni di film che 10 anni fa sono stati un successo e di cui se ne potrebbe fare tranquillamente a meno.


Almost Dead di Giorgio Bruno è uno di questi “titoli fantasma”. Presentato al Trieste Science + Fiction festival, è stato inserito nella sezione Follie notturne del Future Film Festival 2017 e si è aggiudicato il Pipistrello d’oro alla 37esima edizione del Fantafestival di Roma. Un film che ha evidenti limiti di budget, ma nonostante ciò riesce a inscenare una storia abbastanza solida narrata da una regia che trasuda autentica passione per il genere.


Una donna si sveglia in un auto bloccata nel bosco, di notte. Accanto a lei il cadavere di una ragazza, tutt’attorno dei morti viventi ciondolano in cerca di un banchetto di carne umana. Il suo unico punto di contatto con il mondo è un telefono cellulare prossimo a scaricarsi.


Una sola location e praticamente una sola attrice per 80 minuti di girato: quelli che potrebbero sembrare limiti di produzione vengono qui sfruttati per creare i veri punti di forza del film. Aylin Prandi riesce a reggere bene la scena da sola e, nonostante alcuni passaggi di sceneggiatura non proprio accattivanti, il film scorre bene (anche se in alcune scene risulta davvero troppo lento) senza particolari intoppi, intrattenendo e compiacendosi delle proprie (anche se purtroppo poche) efferatezze di sangue. Un film che per risultare efficace sino in fondo probabilmente necessitava di qualche spicciolo in più nelle casse della produzione, ma che è comunque uno sfarzoso biglietto da visita per il regista, che da sfoggio delle proprie capacità di appassionato e ha l’occhio giusto per una fotografia decisamente sopra la media.


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