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Soldado

12/10/2018 10:00

Andrea Desideri

Recensione Film, Film Azione, Film Thriller, sicario,

Soldado

Il debutto di Stefano Sollima in America, il sequel di Sicario

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La lotta al narcotraffico della CIA si combatte fra Messico e Stati Uniti: il clima piuttosto teso e al limite della legalità si inasprisce quando i cartelli messicani iniziano a infiltrare terroristi oltre il confine americano. A questo punto è guerra aperta: l’agente federale Matt Graver dovrà vedersela con i narcos, e per cercare avere la meglio dovrà assoldare Alejandro, avvocato mosso dal desiderio di vendetta. In questo serratissimo gioco delle parti, la differenza fra Bene e Male è sempre più labile.


Stefano Sollima arriva ad Hollywood e lo fa portando il suo modo di fare regia, con l’intento di dar seguito a quel filone crime che tanto gli ha dato – in fatto di consensi e fama – nel nostro Paese. Soldado è il sequel di Sicario, ma fino a un certo punto. Il regista stesso ha ammesso che i due film possono essere tranquillamente visti separatamente, non c’è troppa attinenza fra uno e l’altro.


Effettivamente, il tocco di Sollima si percepisce sin dalle prime battute: questa voglia di catapultare lo spettatore direttamente al centro della vicenda, che permette di entrare subito nel vivo delle azioni. La violenza è contestualizzata, ma senza sconti: riversata sullo schermo in tutta la sua crudezza, con un ascendente mirato alla determinazione di una morale. Seppur distorta. In questo film, ogni personaggio fa i conti col male e fraternizza col doppio gioco, convincendosi – scena dopo scena – che sia necessario sporcarsi le mani per portare giustizia. Il sangue si lava con altro sangue. Ma fino a che punto? Fin dove può spingersi un uomo per difendere i propri interessi?


Su questi interrogativi Stefano Sollima lavora e scava, come una talpa, nell’intimo dei suoi interpreti che subiscono (quasi) tutti una metamorfosi. Altro aspetto ripescato dal suo passato cinematografico, ma stavolta senza i tempi lunghi della serialità. Veniamo immersi in due ore di strategia, di guerra, di giochi di potere. C’è anche spazio, però, per una catarsi che rimette al centro ogni equilibrio, lasciando aperta la suggestione di un possibile prossimo capitolo. I pregi di quest’opera vanno rintracciati nella maniacale cura dei dettagli: esplosioni, sequestri... tutto è ricostruito con un'attenzione scrupolosa che rende ancora più credibile quel che sta accadendo sullo schermo.


Una scala di scelleratezza, un’intelaiatura della barbarie in grado di elevare Soldado da puro entertainment a un trattato sulla guerra. Guai, però, a definire il film una profezia: Sollima non si è ispirato alla contemporaneità della cronaca e a chi lo taccia di aver preso spunto dalle recenti decisioni politiche statunitensi risponde: «Noi il film lo abbiamo finito di girare anni prima, quando nessuno immaginava che Trump prendesse il potere. Io racconto una storia, che poi il tema delle migrazioni sia al centro di risvolti non sempre trasparenti, è risaputo».


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