Asfalto e pallone è un documentario francese diretto da Jesse Adang e Syrine Boulanouar sul calcio di strada nei quartieri parigini: si torna a parlare di sport, e di quanto il calcio possa essere un fattore determinante nella vita sociale dei bambini. In una Francia multietnica i campi da calcio nei quartieri rappresentano spesso un sogno da inseguire, nella maggior parte dei casi una safe house in cui rifugiarsi e sfuggire alla povertà , alle difficoltà di integrazione ed alla criminalità . Perchè in questi campetti non conta il ceto sociale, non conta la marca di scarpe che si indossa, non contano religione ed etnia: contano soltanto lo sport e il divertimento. Attraverso questo viaggio nei quartieri di periferia, in cui ogni campetto fa da cuore pulsante alla vita sociale (e spesso porta il nome dei grandi stadi, come San Siro o La Bombonera), si riscopre lo spirito con cui nasce questo sport e con cui dovrebbe essere vissuto anche a livello professionistico. E diversi protagonisti del calcio mondiale vengono proprio da quei quartieri, come Medhi Benatia (difensore della Juventus e del Marocco), Riyad Mahrez (attaccante del Leicester e dell’Algeria); Serge Aurier (terzino del Tottenham e della Costa D’Avorio, campione di Francia con il PSG nel 2015 e nel 2016), Ousmane Dembelè (attaccante del Barcelona e della Francia), che raccontano la loro storia e di come hanno inseguito il sogno che li ha portati a giocare a livello professionistico. Ed è assolutamente interessante come questi giocatori, anche raggiunta la notorietà , non dimentichino mai le proprie origini e cerchino di contribuire dando il proprio supporto al quartiere e ai ragazzi meno fortunati, partecipando a iniziative o donando denaro per comprare scarpe da calcio e completi. Asfalto e Pallone è un documentario che si lascia guardare con gli occhi di un bambino: quando il campo era un pezzo di asfalto, le porte edue pietre fissate a terra e i tifosi una manciata di coetanei. La regia è assolutamente intelligente: gestisce in modo oculato le interviste ai giocatori professionisti e ai ragazzi di quartiere, a coloro che non ce l’hanno fatta ma che continuano a giocare per divertimento oppure sono diventati educatori per i più piccoli. In questa maniera il documentario alterna la funzione di informazione a quella educativa, dando l’impressione che il messaggio conti più della verità giornalistica. Va detto che non viene manipolata in alcun modo la realtà dei fatti, nè edulcorata; è chiaro invece il desiderio di guardare a questa realtà con sguardo speranzoso. E se da un lato è bello - e forse giusto - che sia così, dall’altro sarebbe stata altrettanto interessante un’analisi più approfondita delle banlieu parigine con tutte le sue grandi sfaccettature. Film di fiction come L’ odio o Yamakasi hanno mostrato diverse situazioni all’interno delle banlieu per sottolineare la situazione socio-politica di questi quartieri, mentre in Asfalto e pallone tutto questo sparisce grazie a un calcio al pallone e un sorriso. Ma forse è proprio questo il messaggio dei due registi: come anche in ambienti non semplici il gioco del calcio possa unire laddove tutto il resto spesso divida. Assolutamente interessante, seppur anche in questo caso forse poco approfondito, è il rapporto tra il calcio e la musica rap che nasce nei quartieri arrivando poi ad espandersi: come nel caso di Matuidi (centrocampista della Juventus, campione di Francia con il PSG per 4 anni, eletto miglior giocatore di Francia nel 2015) e il rapper Niska, che gli ha dedicato la canzone Matuidi Charo. Il messaggio del documentario è chiaro ed è talmente genuino e pulito che si potrà soprassedere su alcuni limiti di trattazione dell’argomento: un po’ come nel calcio di strada, l’importante è guardare tutto positivamente.