
Duole ammetterlo, ma negli ultimi vent’anni il cinema francese ha davvero sempre avuto una marcia in più rispetto a quello italiano. Specialmente nel panorama del cinema di genere. Prendendo in considerazione questa categoria balzano subito alla mente autori d’Oltralpe che si sono imposti anche a livello internazionale come Jean-Pierre Jeunet, Alexandre Aja, Pascal Laugier e ovviamente Luc Besson. La sua EuropaCorp è stata una vera fucina di registi (su tutti Louis Leterrier, da Danny the dog a Now you see me passando per il terribile Scontro tra titani) e film di genere (le saghe di Transporter, Taxxi e Taken). Ares di Jean-Patrick Benes si accoda a questa lunga e prospera tradizione, ragalandoci il film inaspettato. Nel 2035 la Francia è un paese al collasso, con oltre 10 milioni di disoccupati e un governo soppiantato da multinazionali farmaceutiche senza scrupoli. La gente è divisa tra chi ribolle di rabbia verso il potere e chi ormai è rassegnato al proprio stato sociale. Il solo modo per ergersi sopra la massa è quello di entrare a far parte di un format TV che propone una lotta sanguinaria. I combattenti vengono legalmente messi sotto steroidi per aumentare le prestazioni fisiche e sono costretti a combattere in diretta nazionale, a volte sino alla morte. Ares è un ex-campione ormai a fine carriera, che dovrà tornare a combattere nella lega maggiore per avere la possibilità di salvare la sua famiglia. Ares è visibilmente un film low-budget che, per la densità di tematiche portate in scena in 90 minuti, sfiorerebbe il b-movie se non fosse che il tutto è orchestrato alla perfezione. Futuro dispotico, ambientazioni vagamente cyberpunk, multinazionali che utilizzano gli uomini come cavie: sono tutte idee ormai saturate e anche la violenza, usata come escamotage per intrattenere le masse, è una soluzione narrativa tutt’altro che fresca. Oltre a essere una metafora abusata, è stata proposta in un milione di salse differenti da Rollerball al kinghiano L’implacabile con Arnold Schwarzenegger, da I guerrieri dell’anno 2072 di Lucio Fulci sino alle smielate derive della saga di Hunger Games. Non è però il voyeurismo della violenza il cardine del film, né tantomeno la spettacolarità della messa in scena futuristica (seppur le scenografie abbondino di ambienti digitali ed effetti speciali di buon livello, nonostante il budget risicato), ma lo sono i sentimenti. Al centro della vicenda ci sono il protagonista e la sua famiglia, con tutti i drammi e le tragedie che sono costretti ad affrontare per cercare di avere un briciolo di normalità . Sta qui la vera potenza del film, che tra un combattimento e l’altro infila una storia semplice, solida e compatta che non ha mai un minimo cedimento. L’ambientazione poi, seppur fantascientifica, rispecchia un futuro che non appare così lontano dalle problematiche odierne della nostra società : visto in quest’ottica, Ares assume risvolti a dir poco inquietanti.