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Fotograf

27/06/2018 11:00

Emanuela Di Matteo

Recensione Film,

Fotograf

La vita privata del famoso fotografo ceco Jan Saudek

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La regista ceca Irena Pavlásková, vincitrice col lugomentraggio Cas sluhu della Menzione Speciale per la miglior opera prima al 43º Festival di Cannes, racconta in Fotograf la vita privata del famoso fotografo ceco Jan Saudek e lo fa con passione e immaginazione. Jan Saudek (interpretato da Karel Roden), artista celeberrimo e osannato in tutto il mondo, partecipa alla sceneggiatura insieme alla regista, dando vita a un film che cerca, tassello dopo tassello, di ricostruire la personalità complessa e sfuggente di un fotografo tanto controverso quanto geniale.


Deportato da bambino in un campo di concentramento (il padre era ebreo) e sopravvissuto a diverse esperienze di vita altamente traumatiche, perseguitato dalla polizia di Praga nei primi anni Settanta a causa delle tematiche scabrose dei suoi lavori, Jan Saudek viene ritratto come un uomo dalle antiche ferite, che porta sulla pellicola le sue ossessioni. La sua fonte di ispirazione è il corpo femminile, massimamente opulento, materno, accogliente e al contempo grottesco e letale. Egli desidera e ama tutte le donne, indistintamente, ma allo stesso tempo è incapace di legarsi a una sola persona, è spaventato all’idea del controllo che la donna può esercitare sulla sua vita e sulla sua libertà. Circondato da figure femminili di ogni genere – segretarie, modelle, ammiratrici – si ritrova, a causa delle sue debolezze e della vita sregolata, nella mani della giovane assistente Líba (Marie Málková) che inizia a dominarlo e a decidere al posto suo. Debole, inquieto, perennemente in fuga dalle responsabilità, odiato e amato dalla ex moglie e dai figli, oggetto di violente gelosie tra le sue donne, affascinante e laido insieme, il fotografo vola alto quando si tratta di creare mentre incespica meschinamente nella vita privata.


Fotograf, coi suoi flashback in bianco e nero sul passato dell’uomo e le brevi interviste a opera di alcuni giornalisti, riesce a inquadrare nitidamente la personalità di Jan Saudek, senza imbeccamenti e giudizi morali, lasciando che lo spettatore si formi una sua idea sulla genesi della sua arte. Forse Fotograf risulta ripetitivo e un po’ statico nella descrizione della vita sessuale del regista, le cui creazioni avrebbero potuto avere uno spazio maggiore nel film. Le belle e celebri stampe in bianco e nero ricolorate ad acquarello, tecnica originale che caratterizzò l’arte di Jan Saudek, appaiono infatti soltanto nei titoli di testa. Viene resa comunque bene l’idea dell’artista – prosaico e geniale - che, come afferma lo stesso protagonista nel film, non sa nulla, si limita a dare vita a quello che lo ossessiona, a ritrarre ciò che prova e sente, e lo fa un po’ perché sta male e un po’ per la necessità di guadagnare soldi per sopravvivere. Nella prima inquadratura del film, appare un divertente cammeo del vero Jan Saudek che discute sulla verità e sull'immaginazione con l'attore che lo interpreterà.


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