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Un figlio all'improvviso

31/08/2018 11:00

Samantha Ruboni

Recensione Film,

Un figlio all'improvviso

Il primo lungometraggio dell'attore teatrale Sèbastien Thièry

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Dopo uno strano incontro al supermercato, la signora e il signor Prioux trovano un tale in casa che dice di essere loro figlio. Patrick (Sèbastien Thièry) è sordo e comunica come può con gli improvvisati genitori. La coppia ha sempre desiderato un figlio, ma non ha mai potuto averne, e per la signora Prioux (Catherine Frot), Patrick sembra un miracolo caduto dal cielo. Ma la questione solleva anche molti scheletri nell'armadio: i due non hanno mai davvero avuto figli? Sono sempre stati fedeli?


La commedia è il primo lungometraggio di Sèbastien Thièry, interprete e famoso regista teatrale. La pellicola è infatti tratta dalla sua fortunata pièce teatrale Momo, riadattata per il grande schermo. Andrè (Christian Clavier) e Laurence (Catherine Frot) sono una coppia di mezza età agiata nella loro routine quotidiana. L'incontro con Patrick, sordo, abbandonato da piccolo in un orfanotrofio dai suoi veri genitori per il suo handicap, scombinerà i loro equilibri. L'amore materno di Laurence viene a galla, amore che non ha mai potuto sfogare a causa della sua infertilità, e che vuole donare a Patrick senza sapere chi sia realmente. Non dello stesso avviso è Andrè, che considera Patrick un truffatore e manipolatore, e vuole che se ne vada immediatamente. La vicenda porterà a galla situazioni ormai dimenticate da tempo, fino a una vera e propria crisi, che permetterà alla coppia di crescere e di poter così creare una nuova famiglia fuori dall'ordinario.


Un figlio all'improvviso è una commedia dell'assurdo, mixata con elementi da slap stick comedy e un po' di attualità. Le tematiche portate avanti - la famiglia non convenzionale, la maternità e l'handicap - vengono sviluppate da Thièry con leggerezza... forse troppa. I personaggi vacillano: fin dal primo incontro tra Patrick e i suoi "genitori", l'uomo risulta troppo molesto anche per lo spettatore; Laurence viene rappresentata come una donna isterica e un po' tonta (per fortuna si riprende nella seconda parte del film) mentre Andrè è la caricatura dell'uomo conservatore. Le gag riescono bene solo ai personaggi minori – in primis la semplicissima ma ben riuscita gag del veterinario e tutte le trovate che hanno a che fare con il medico di fiducia – ma non abbastanza per rendere una commedia riuscita e funzionante. Alla fine la carne messa al fuoco è troppa e la sceneggiatura risulta disordinata e poco chiara. Una nota di merito è il finale, che se non altro tiene lo spettatore in attesa fino all'ultimo momento.


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