
Sook-hee, fin da bambina, dopo aver assistito al brutale omicidio del padre invischiato in giri malavitosi, è stata cresciuta per diventare un'infallibile assassina. Alla morte del suo mentore, Sook-hee è ormai una ragazza: per vendicarsi dei presunti responsabili compie una vera e propria carneficina e alla fine della quale viene catturata dalla polizia. Ma, invece di essere condannata, è reclutata da un'agenzia governativa segreta che le propone di servire per dieci anni quale cellula dormiente ed eliminare determinati obiettivi che le verranno indicati di volta in volta. Solo alla fine di questo periodo di tempo tornerà ad avere una vita normale. Nonostante il difficile periodo iniziale d'adattamento, Sook-hee si rivela la migliore del suo corso - composto da sole donne - e va a vivere con la piccola figlia (data alla luce dopo la sua cattura) in un piccolo appartamento, in attesa della sua prima missione. Ma il passato è destinato in maniera inaspettata a bussare ancora alla porta. Quattro minuti di standing ovation alla 70esima edizione del Festival di Cannes, dove è stato presentato nella sezione Midnight Screenings, per questo action di produzione coreana diretto da Jung Byung-Gil, già autore del notevole (da noi inedito) Confession of Murder (2012). E i primi minuti mettono già in chiaro i motivi della accesa reazione di pubblico e critica, con un lunghissimo piano sequenza tutto in prima persona nel quale la Nostra sfida con armi bianche e da fuoco o con arti marziali decine e decine di avversari, tra corridoi putrescenti, cucine e palestre appartenenti a una banda criminale rivale. Una sorta di irresistibile mix tra una delle scene cult di Old Boy (2003) e lo stile videoludico di Hardcore (2015), qui declinato nella miglior tradizione dell'action/thriller indigeno. Ed è soltanto l'inizio di una storia che con il passare dei minuti si avvicina sempre di più a un grande classico come Nikita (1990) di Luc Besson, con la protagonista reclutata come agente dormiente da una misteriosa organizzazione governativa. Gli stessi risvolti emozionali ricordano a più riprese il film con Anne Parillaud, qui resi ancor più melodrammatici nella tragica evoluzione che prenderanno gli eventi e destinata a condurre all'entusiasmante resa dei conti finale, una vera e propria apoteosi di azione ipercinetica che non ha nulla da invidiare a recenti pietre miliari del filone come il dittico di The Raid. Inseguimenti in moto o su quatto ruote, combattimenti a mani nude o con spade da samurai, sezioni di cecchinaggio e antiche rivalità mai sopite rendono le due ore di visione ricche di spunti dal punto di vista spettacolare e di genere - dove si raggiungono livelli di eccellenza assoluta, merito anche della magistrale performance, atletica e attoriale, dell'intensa Kim Ok-bin - che si integrano con grazia a una trama piena di colpi di scena, giostrati per la maggior parte su un ciclico utilizzo di flashback, alternati con naturali trucchi registici alle scene ambientate nel presente in una sorta di racconto a specchio tra presente e passato carico della giusta profondità enfatica. Una solenne colonna sonora di ideale accompagnamento alle scene madri, un utilizzo delle pose e degli spazi che regala momenti quasi pittorici (la scena in abito da sposa rimane infissa a lungo nella memoria) di grande fascino e la scelta, tramite le continue soggettive, di provare a variare almeno in parte le coordinate visive dell'intero settore fanno de L'assassina (disponibile nel catalogo Netflix) una delle opere più importanti e rivoluzionarie per l'intera corrente degli ultimi anni.