Giovanni Andreasi, investigatore privato di Bellinzona, durante la Domenica delle Palme inizia a lavorare su un caso contorto: Rosa Carlini, costumista, chiama in causa il detective per ritrovare Rainer Merz, anziano performer a cui era molto legata. I due facevano parte di una compagnia, ora riunitasi per girare un film su Federico II di Svevia, proprio nell’abitazione del compianto attore. Per Andreasi non sarà facile risolvere il mistero: le carte cominceranno inesorabilmente a mischiarsi, sino a un punto di non ritorno. La contaminazione tra giallo e thriller va forte nel nostro Paese, in special modo nell’ultimo periodo. Ad avventurarsi su questo terreno ci ha provato, fra alti e bassi, il veneto Antonio Padovan con Finchè c’è prosecco c’è speranza; gli ha fatto eco Niccolò Ammaniti con la serie tv Il miracolo; adesso incalza l’astigiano Giuseppe Varlotta dopo l’ottimo debutto con il lungometraggio Zoè. Per il suo secondo film Varlotta sceglie di buttarsi nel crime thriller: Oltre la nebbia è un concentrato di enigmi e metafore, che guarda persino all’horror. Conserva il giusto livello di tensione, adatto a coinvolgere lo spettatore nell’intricata vicenda di sparizione al centro di tutto. E per fare luce su questo misfatto serve una personalità arguta e caparbia: Andreasi, una specie di tenente Colombo 2.0. L’ambizione di Varlotta è quella di ripescare miti del cinema italiano, lo stile Dario Argento su tutti, per riproporli in un contesto più attuale. Dunque il mero citazionismo, nel quale affoga gran parte dell’opera, diventa rielaborazione. Anche, e soprattutto, con l’aiuto di un cast corale che vede una serie di volti noti – da Pippo Delbono e Luca Lionello, passando per i francesi Frèdèric Moulin, Corinne Clèry e Vincent Nemeth –, per comporre un mosaico ben assortito al servizio del giallo. L’idea è buona, al netto di una sceneggiatura che, malgrado i presupposti lodevoli, presta il fianco a più di un’assurdità . Persiste comunque una certa eleganza formale che annovera questo film fra i progetti più accettabili – nel genere poliziesco – degli ultimi tempi. Giuseppe Varlotta viene tradito, forse, da una smisurata esuberanza: eccessivi e, a tratti, fuori luogo i costanti richiami all’esoterismo che deviano lo spettatore verso altre dimensioni e smorzano l’intreccio narrativo. Il film non è un semplice noir e neanche un thriller tagliente: resta in un limbo che, per quanto affascinante, lascia interdetti. La nebbia, rievocando il titolo, non si è dissolta completamente.