La black comedy diretta da Denis Rabaglia s’impernia sulla figura di Enzo Stefanelli, stimato professore che si ritrova, per una serie di coincidenze, a prestare soccorso a un giovane ferito da un’arma da fuoco. Il ragazzo, killer di professione, chiede a Enzo di potersi sdebitare proponendosi per uccidere ogni suo nemico. Stefanelli, sbigottito, declina l’offerta sottolineando di non avere nemici in quanto ha sempre condotto una vita esemplare. Ma il giovane, incaponito, si mette a cercarne uno stravolgendo l’esistenza dell’uomo. L’incontro-scontro fra due opposti, finiti per attrarsi, rivelerà il lato oscuro di molte personalità insospettabili. Diego Abatantuono veste i panni di un accademico catapultato in un vortice ad alto rischio per aver fatto del bene alla persona sbagliata. Il confine fra Bene e Male è al centro di Un nemico che ti vuole bene, un film dedicato all’oscurità che alberga in ognuno di noi, quel lato del nostro carattere che teniamo nascosto. Denis Rabaglia mette insieme un rappresentante dell’alta società e un malavitoso fino a farli convergere l’uno con l’altro: perché persino i più irreprensibili nascondono degli scheletri nell’armadio. Un nemico che ti vuole bene parla delle nefandezze che possiamo compiere in nome della stabilità economica e sociale. Questo gioco delle parti viene amplificato all’ennesima potenza, grazie ai due protagonisti: il personaggio di Diego Abatantuono, dai modi pacati e sferzanti, e quello esuberante e coinvolgente di Antonio Folletto. Se il primo è un veterano del cinema italiano, l’altro costituisce una novità interessante. Questo gioco degli opposti prosegue in un eterno passo a due che compone la vicenda, abbastanza intricata, fatta di equivoci e capovolgimenti. Peccato che il risultato finale sia piuttosto scialbo e spezzettato: abbiamo una parte iniziale molto curata e dettagliata, dove a sceneggiatura scava nella quotidianità dei protagonisti per ricostruirne punti di forza e debolezze; a questo segue, però, il mancato approfondimento e uno sviluppo sterile con situazioni che si perdono nel nulla. Si giunge, quindi, a un finale forzato per far combaciare i meccanismi più impensabili. Peccato davvero, per un progetto che partiva con l’auspicio di imporre qualcosa di nuovo.