
Dante Va alla Guerra è il terzo lungometraggio del regista Roberto Albanesi, dopo Catacomba e Non nuotate in quel fiume. Questo terzo film si riallaccia in modo divertente al precedente: infatti il co-protagonista è sempre Ignazio Virgilio Fagaroni, detto Faga (Ivan Brusa), lo stesso attore che interpreta Bruce Fagaroni in Non nuotate in quel fiume, nel quale viene accennato al fatto che i due, Bruce e Ignazio Virgilio, sarebbero fratelli. Anche se Bruce è uno spacciatore che ruba auto a vecchiette cieche e Faga un ragazzo per bene. Faga è un ventenne che alleva emù, ha un evidente difetto di pronuncia, si interroga sul destino dell'universo e coltiva un amore romantico, ai tempi di social e cellulari. Senza un amico, è fatale che Faga incontri il coetaneo Dante (Stefano Galli), anch'esso solitario e totalmente disadattato, reduce da un trauma familiare, in cura da uno psicologo poco empatico. Si potrebbe dire che Dante Va alla Guerra riecheggi gli interrogativi solitari del primo giovanissimo Nanni Moretti, ma il lavoro di Roberto Albanesi sembra un flusso di coscienza meno strutturato e più fresco, nel quale si avverte l'urgenza di dire certe cose, magari anche tutte insieme. Momenti di sogno ad occhi aperti sono frame nel film, dove allegorie viventi si muovono con effetto straniante nella trama semplice della storia. A un pazzo, il picchiatello del quartiere, è affidato il compito di rivelare verità e contenere saggezze, in un immaginario ingenuo ma proprio per questo piacevole e abbastanza convincente. Lavoro contro l'indifferenza generale, l'omologazione, la massificazione del pensiero, che è sempre stato fatto dagli artisti in ogni tempo alla ricerca di una visione “dall'alto”, ma che oggi più che mai sembra utile. Sia Dante che Faga hanno perso i propri cari e Dante, il più arrabbiato, imparerà dal filosofico Faga, come farsene, poeticamente, una ragione.