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Green Book

26/10/2018 11:00

Andrea Desideri

Recensione Film,

Green Book

Una storia americana fatta di musica e arte

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New York, 1962. Tony Lip, buttafuori americano, deve trovare in fretta un nuovo lavoro per mantenere la sua famiglia. Uno dei migliori club in circolazione ha chiuso e lui si ritrova senza occupazione né certezze, quindi accetta di lavorare per il pianista afroamericano Don Shirley accompagnandolo in tour negli Stati Uniti. Quello che sembra essere un sodalizio puramente lavorativo, si trasformerà in una forte amicizia dai mille risvolti.


Nick Vallelonga, sceneggiatore e produttore di Green Book, porta al cinema una storia tratta dal proprio vissuto. La vicenda riguarda il viaggio che suo padre ha compiuto con Don Shirley: una storia fatta di musica, arte, ma anche di odio razziale, povertà e delinquenza. Vallelonga ripesca dal proprio bagaglio di ricordi e scrive una storia di speranza; la stessa che ritrova il protagonista, Lip, quando incontra Shirley. Quest’ultimo gli offre un nuovo lavoro, ma anche altrettanti stimoli. Qualcosa in cui credere nei momenti più bui. E con queste premesse, prende corpo una storia fatta di amicizia ed empatia, ma anche di scontri e drammi personali. Green Book racconta alcuni dei quartieri più malfamati d’America che, però, hanno dato una casa a diamanti rari come Frank Sinatra, Tony Bennett e Bobby Darin: questi artisti hanno calcato i palchi delle periferie fino ad arrivare al Copacabana, locale in cui Lip ha lavorato per dodici lunghi anni.


Alla regia c’è Peter Farrelly, che insieme a suo fratello Bobby ha scritto, diretto e prodotto una dozzina di film di successo. Insieme avevano creato un genere comico tutto loro: una serie di commedie incredibilmente divertenti, tra cui Tutti pazzi per Mary, Lo spaccacuori, Amore a prima svista. Per uno dei Farrelly, dunque, Green Book rappresenta un punto di svolta: dalla comfort zone della commedia al dramma d’epoca. «Questa storia mi riporta, in realtà, a ciò che ho sempre voluto fare. Nel corso degli anni, quando le persone mi chiedevano se fossi pronto per un film drammatico, la mia risposta è sempre stata: sì, al momento giusto. Quel momento, oggi, è arrivato»: così ha dichiarato l'autore. Ecco perché, forse, è riuscito a toccare le corde giuste.


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