1938 - Quando scoprimmo di non essere più italiani è uno dei film d'apertura della tredicesima edizione della Festa del Cinema di Roma, inserito all’interno di un programma speciale che, a settantacinque anni dal rastrellamento del ghetto di Roma e a ottanta dalle leggi razziali, vuole ricordare alcuni dei momenti più tragici della nostra storia. Il documentario, distribuito da Luce Cinecittà, racconta cinque vicende: a parlare sono spesso i protagonisti, ma non sempre; ci sono i perseguitati e chi invece ebbe il ruolo di delatore, ma anche la grande quantità di coloro che testimoniarono e assistettero. Interessante notare come la maggioranza degli italiani non aderì alle leggi razziali, ma neppure vi si oppose. Inoltre, ci fu chi approfittò con entusiasmo della situazione per fini personali. Quest'ultimo argomento è affrontato anche nel meraviglioso 1945 del regista ungherese Ferenc Török. La domanda che il documentario pone è: cosa significarono in concreto, nella vita di tutti i giorni, le leggi razziali? Dopo le deliberazioni, gli ebrei non poterono più: esercitare l’ufficio di tutore, prestare servizio militare, sposarsi con una ariana o un ariano, far parte del partito fascista, possedere aziende o società con più di cento dipendenti, essere impiegati dello Stato, esercitare una serie innumerevole di professioni tra le quali quella del medico, del farmacista, dell’avvocato, commercialista, ingegnere, architetto. L’isolamento fu quindi totale, inaspettato, inaudito, e si abbattè come un’oscurità improvvisa sulla vita di ognuno, soprattutto dei bambini. La famiglia Ovazza, di ebrei aderenti al fascio, fu massacrata sul Lago Maggiore nell’autunno del 1943. Il “Moretto” riuscì a salvarsi flirtando con la nipote di un collaborazionista fascista. Franco Schonheit e dei suoi genitori sopravvissero, come la donna che si salvò nascondendosi presso la casa di un incisore del Vaticano. Il regista, Pietro Suber, giornalista e documentarista, vincitore per tre volte del premio Ilaria Alpi, mette insieme immagini d’archivio, documenti d’epoca pubblici e privati, viaggia attraverso i movimenti giovanili di estrema destra, facendo persino notare come, ancora oggi, esistano strade ancora intestate ai firmatari del Manifesto della Razza, dal quale le leggi razziste ebbero origine. Chi più suscita la compassione è non solo la vittima, ma perfino l'aguzzino o il delatore involontario, a sua volta vittima di un vero lavaggio del cervello e di una propaganda politica razzista, costretto a fare per tutta a vita i conti con un rimorso distruttivo e lacerante. 1938 - Quando scoprimmo di non essere più italiani è, oggi più che mai, un documento prezioso, perché le voci rimaste a testimoniare e raccontare stanno scomparendo e la conoscenza reale di ciò che accadde è nella mani di pochi anziani. Le nuove generazioni rischiano di perdere memoria e ricordo, in una società pronta ad indignarsi ma altrettanto velocemente a dimenticare, che tende a credere a tutto e al contrario di tutto.