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Stanlio e Ollio

25/10/2018 11:00

Andrea Desideri

Recensione Film,

Stanlio e Ollio

Steve Coogan e John C. Reilly sono Stanlio e Ollio

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Stan Laurel e Oliver Hardy sono i due comici più amati al mondo. Hanno fatto la storia del cinema con numeri impressionanti e sono apparsi in oltre 107 film. Li ritroviamo nell’Inghilterra di inizio anni Cinquanta, finita l’epoca del successo e della celebrità. Entrambi partono per una tournèe teatrale, andando incontro a un futuro incerto. Anche e soprattutto per i problemi di salute che affliggono Oliver. I due, sul viale del tramonto, riscopriranno l’importanza della loro amicizia malgrado qualche reciproca insofferenza. Jeff Pope, sceneggiatore di Stanlio e Ollio, ha definito quest’opera una storia d’amore fra due uomini: non serve essere innamorati per volersi bene, Laurel e Hardy sono la dimostrazione di una simbiosi naturale affinatasi nell’arco del tempo. Per questo Jon S. Baird ha scelto di ricordarli in maniera non convenzionale, portando alla luce un capitolo poco conosciuto della loro carriera: la tournèe teatrale della coppia di comici nel Regno Unito nei primi anni Cinquanta. Il film, liberamente ispirato all’opera letteraria The British Tours, ripercorre un periodo oscuro per i due artisti. Laurel e Hardy, ormai in balia degli eventi, si rimettono in gioco cercando di continuare a fare ciò che li ha resi celebri: recitare. I successi passano, come ogni cosa. Ciò che non si ferma mai e, se è possibile, fa sentire ancora vivi è la voglia di stupire.


Così i due artisti tornano a calcare i palchi. Non più giovanissimi, vanno incontro a tutte le complicazioni che il loro repertorio comporta: una comicità molto fisica, in scena, che prevede ritmi forsennati ed energie non sempre a disposizione. Soprattutto con l’avanzare dell’età. Questo, legato ai fastidi reciproci che entrambi covavano per via dell’eccessiva convivenza lavorativa e non solo, è il pretesto per portare sotto i riflettori un’amicizia intensa e complicata in grado di rimarcare quanto il confine fra dramma e comicità possa essere labile. Stanlio e Ollio scova nell’intimità di due icone, grazie alla credibilità di Steve Coogan e John C. Reilly, portando alla ribalta l’annientamento del giullare: quella condizione artistica per cui un artista che, per lavorare, deve sempre e comunque far ridere, non possa permettersi di soffrire. Ogni periodo opaco, ogni débacle è pagata a caro prezzo. Infatti, a oggi, il pubblico ammira Chaplin, guarda con venerazione Buster Keaton, ma adora Laurel e Hardy. Proprio perché hanno sempre trasmesso serenità, affidabilità e sicurezza. Ma a che prezzo?


Il ritratto che emerge è quello di due uomini, all’apice della loro immensità, che ormai alloggiano in piccole pensioni. Potrebbero vivere di rendita, ma il miglior guadagno restano i sorrisi della gente. Allora ci riprovano, tornano in scena per sentirsi ancora indispensabili verso una società che li ha amati (e li amerà sempre) ma è andata avanti. Il punto focale del film è proprio questa ostinazione, congeniale ai più grandi artisti, che tiene i due aggrappati alla vita nonostante le criticità fisiche ed emotive. Stanlio e Ollio corrobora il concetto di coppia soprattutto nei retroscena, nella vita dietro le quinte, non appena il sipario si chiude. Baird ci guida nel lato oscuro di due saltimbanchi che non possono – e non vogliono – staccarsi dai loro personaggi. Per questo, l’opera è una radiografia che parte dal pubblico e scava nella dimensione privata facendo leva su ogni cicatrice che la notorietà comporta. Attraverso un istante della loro esistenza emerge una carriera fatta di alti e bassi, terminata con la consapevolezza di aver lasciato il segno.


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